In un articolo sul Corriere del Mezzogiorno, intitolato La rivolta sudista dei forconi e un disastro chiamato Sicilia, Adolfo Scotto di Luzio scrive: “E’ in Sicilia infine, e non in Campania o in Puglia, che ha preso forma il Partito del Sud, vale dire il progetto di una rappresentanza di interessi meridionali a base recriminatoria-risarcitiva”. Dopo rapidi cenni sulla base teorica del movimento, ovvero sui libri che darebbero “ragioni storiche irrefutabili alla nuova protesta meridionale”, sugli smottamenti partitici, le crisi di consenso e i movimenti di intessi e, quindi, sulla “gigantesca confusione che regna sotto il cielo del Sud”, dove “molte avventure verranno tentate”, Scotto di Luzio conclude: “Di fronte a questo movimento che affonda le sue radici nel disastro politico-clientelare di una regione carica di privilegi sempre più incomprensibili e che riconsegna tutto il Sud ad un immutabile destino ribellistico e tumultuario, si fa più acuto il silenzio dell’intelligenza e della politica meridionale. Nei mercati deserti di merci di Palermo, nei distributori senza benzina, lungo le code kilometriche di un paese paralizzato, la grande assente è proprio la capacità di pensare il Sud come parte di una storia moderna e unitaria”. Contro la “più generale dismissione intellettuale in atto”, la risposta, da parte delle “forze residue della tradizione moderna della politica e della cultura meridionale”, non può che essere “riprendere i fili di un discorso sull’Italia”.
Conclusione cui aggiungerei tre parole: “e sull’Europa”.
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