‘A
raggia ‘ra sira lassila pa matina. (L’ira della sera
lasciala per la mattina).
Racconta, la signora S.,
di un fatto avvenuto la sera prima, che ha provocato la – giusta – rabbia del
marito che voleva chiederne soddisfazione, subito, all’offensore. Frenato,
però, dal figlio, consapevole che, sbollita nella notte, non ci sarebbero stati
strascichi di liti che mai si sa come possono finire.
C’è qualcosa di grande,
di biblico, in questa “lentezza dell’ira” che consente di gestire meglio la
ferita dell’offesa.
Temo che la lentezza non basti
a gestire un altro tipo di rabbia. Quella che germina dal disamore di se, dal
sapersi, magari in maniera oscura, causa del proprio malessere, dal pus dalle
ferite auto-inferte, che continuano, nel tempo, a produrre rinnovate infezioni.
Imporsi lentezza con gli altri è, probabilmente, più facile che sapersi
abbracciare con compassione scevra di lamentazioni e rimpianti.
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