«Sara vestita di bianco, per la seconda e ultima volta
dopo il battesimo. La vidi attraversare il corridoio, un’immagine veloce, pochi
passi che ricordo con nitidezza. (…) Era bellissima Sara con il vestito lungo e
i capelli sistemati con fiori bianchi. Con le sue ballerine piene di perline
che si guardava in continuazione. Era bella. Sapevo che sarebbe stata la prima
e l’ultima volta che l’avrei accompagnata all’altare. Che sarei stato l’uomo
della sua vita. I pensieri diventarono interrogativi. Sapevo che non si sarebbe
mai staccata da me. Che a differenza della stragrande maggioranza dei figli,
lei non avrebbe cercato la sua indipendenza lontano. Non mi avrebbe mai escluso
dalle sue angosce, dai suoi desideri. Ci saremmo appartenuti per sempre. Ognuno
dentro le nostre mura e alla disperata ricerca di una casa comune.»
Sara è una ragazza autistica e suo padre ha (avuto)
due vite: «Davide A.A. (Avanti Autismo) e Davide D.A. (Dopo Autismo). Un
cambiamento che si è manifestato non soltanto nei confronti di Sara, ma nei
confronti del mondo, che ho iniziato a guardare con occhi diversi, modificando
radicalmente il mio punto di vista. Gli occhi di Sara sono diventati i miei e,
per saper riconoscere ciò che lei vede, ho cominciato a realizzare straordinari
e impensabili canali di comunicazione. Attraverso il disegno, le nuove
tecnologie, i gesti, le poche parole, è nato il nostro linguaggio segreto. Ho
avuto la fortuna di ricevere in dono delle lenti nuove di zecca per leggere,
con rara sensibilità, il cuore delle persone che soffrono e affrontano la vita.
Grazie a queste lenti ho compreso che la felicità non è una soltanto.»
Il padre, che, come tutti, aveva sognato per la figlia
un percorso di “scontata normalità” (lo studio, lo sport, la laurea, un
compagno amorevole), deve affrontare una diversa realtà: «Mangia da sola, si
veste da sola, si allaccia le scarpe, gioca con la Nintendo e vince, cucina
qualcosa nell’istituto alberghiero dove l’ho iscritta, apparecchia la tavola,
canta l’inno di Mameli, mi manda messaggi su WhatsApp, mangia la pizza seduta a
tavola… Ma voi pensate che abbia provato meno soddisfazioni nel vedere centrare
questi obiettivi? Col cavolo! Il giorno che ha cominciato a pedalare per me era
la mia Armstrong che atterrava sulla luna, il giorno che mi ha detto tutte le
lettere dell’alfabeto sembrava Albert Einstein e la teoria della relatività
generale. E non ci sono Santi che tengono, ragazzini figli di famiglie del
Mulino Bianco che mi inibiscano, Sara vale quanto loro, i suoi successi valgono
anche di più, belli e faticosi. Non passerà alla storia, sarà anonima in questa
società la mia figliola, sembreranno inutili i suoi pomeriggi con i terapisti,
le sue mattine con il sostegno a scuola, ma per me è tutto un altro mondo,
tutta un’altra cosa.»
L’uomo che pensava di avere cose molto più importanti
da fare rispetto alla “debolezza” di amare ed essere amato, non può più
nascondersi dietro «un mare di indifferenza»: «La consapevolezza che tu avevi
bisogno di me non mi ha mai fatto sentire un eroe. Anzi. Mi ha costretto alla
realtà. A misurare i valori dell’esistenza. Mi ha costretto a interrogarmi per
poi scoprire che anche io avevo bisogno di aiuto, del tuo aiuto.»
P. S. Davide Faraone – autore di Con gli occhi di Sara, edito da Rubbettino – è presidente della Fondazione Italiana per l’Autismo. Siciliano, è senatore e capogruppo di Italia Viva. Quest’ultima notazione per completezza d’informazione, ma anche per avvertire che chi, per antipatie partitiche, non leggesse questo libro farebbe un torto a se stesso. Perché conoscere un po’ Sara, provare a vedere il mondo con i suoi occhi è avvicinarsi a percepire che, della vita, del suo senso, in fondo conosciamo poco e che, al fondo, resta un solo “apprendimento”, che equivale ad un “miracolo”: «Imparare a dare e a ricevere amore.»
Nessun commento:
Posta un commento