mercoledì 31 gennaio 2018

I ragazzi, la fuducia e la storia come bugia







“Voi siete ‘a storia.”, “Tu sì ‘a storia.”: Lo dicono i ragazzi, a Nisida, quando vogliono sottolineare una parola, un’azione, o troppo bella/forte/intelligente o, al contrario, troppo “scema”. Il termine, quindi, vale come un aggettivo o un avverbio che indichi un fuori misura.

Ma, se la prof. narra di storia, si può trovare davanti, oltre all’opposizione più abituale – “Ma che ce ne importa a noi del passato? Il passato è passato” – anche una sfilza di rimostranze: “Ma a voi chi ve l’ha detto? C’eravate? L’avete visto voi? Io non ci credo. So’ tutte bugie. I libri dicono bugie. Voi dite bugie. Io non ci credo.”

Domande e affermazioni che non si accontentano di risposte sulle fonti della storia, sul metodo storico.

Spie del fatto che tanti ragazzi sono immersi nell’unidimensionalità del qui e ora, ovvero in una sorta di presente assoluto, che ha i confini stretti del loro quartiere se non della loro camera ed appare slegato dalle radici (il passato) e dalle prospettive (il futuro). 

E che hanno maturato, nei loro giovani anni, un forte tasso di sfiducia verso chiunque. Una sfiducia che nulla ha a che vedere con il dubbio che induce alla ricerca, al confronto, alla scelta tra posizioni diverse, alla verifica, che si è solidificata nel tempo come abitudine a difendersi da chi vuole prevaricare, e che è diventata rifiuto ad allargare lo sguardo muovendosi liberamente, col pensiero, nello spazio-tempo.

Non ci vuole molto a immaginare che, questi ragazzi non hanno, a loro volta, ricevuto, molti sguardi fiduciosi. O, se li hanno ricevuti, non erano (più) (sufficientemente) in grado di percepirli come tali.



Di tanto in tanto, si riaccende, per qualche settimana, l’attenzione mediatica sui ragazzi difficili.
 
Ma la difficoltà di crescere bene, soprattutto in certe aree con forti problematiche sociali, economiche e con diffusa presenza malavitosa, non è questione emergenziale, bensì strutturale.
Come è tutt’altro che emergenziale la questione genitorialità. Tra l’assenza dei padri e quella che Gennaro Matino definisce la polverizzazione del ruolo della madre, quali solidi riferimenti familiari hanno ragazzi che già vivono condizioni sociali, economiche e ambientali tutt’altro che facili?



Rimando a queste mie interviste a Redattore sociale e a Panorama:





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