giovedì 18 gennaio 2018

I ragazzi invisibili e l'insostenibilità dello sguardo






“Perché mi state guardando?” Occhi di fuoco, le vene della gola in rilievo, il respiro trattenuto di chi vorrebbe darti un pugno e non può, la voce alterata.

Mi è successo centinaia di volte, in classe.

E non perché stavo fissando in maniera particolare, semplicemente perché, come decine e decine di volte ho risposto, “ti sto guardando perché, in questo momento, sei quello che sta di fronte ai miei occhi; vedi bene che, per come siamo fatti, di solito, se non giriamo la testa, quello che vediamo più facilmente, è quello che abbiamo davanti a noi; se stai attento, ti accorgerai che, mentre cammino per l’aula, guarderò allo stesso modo, anche lui e lui e lui…”

Mi ha sempre colpito l’incapacità di molti dei ragazzi di Nisida di sopportare uno sguardo, il loro percepirlo come un’insostenibile provocazione: qualcosa che giustifica non solo la reazione verbale, la lite, ma, appena possibile, la coltellata: anzi, le coltellate: un’offesa da lavare (e levare) col sangue.

Mi sembra la reazione di chi si sente, in realtà, invisibile e ha il terrore che qualcuno penetri la sua nudità, di chi non ha una pelle che lo difenda dal mondo. Una pelle fatta da un ambiente mediamente sano e, soprattutto, da una famiglia, per parafrasare Winnicott, sufficientemente buona.

Chi non si sente amorevolmente visto, chi non ha reti che lo sostengano e punti di riferimento cui ancorarsi, risponde (può rispondere) cercando un’identità nella violenza, considerata come la propria forza: così tutti potranno vedere quanto è potente, quanto è grande.

Non c’è risposta semplice alle problematiche minorili che, a Napoli, in quest’ultimo mese, la prepotenza della cronaca nera rende evidenti anche a chi non vuol vedere. 

Ma non se ne esce se la società non si fa carico delle enormi ferite di una marginalità che si somma a tante marginalità fino a diventare una bomba sempre pronta a fare danni.

1 commento:

  1. Assolutamente vero. Questi ragazzi non reggono lo sguardo perchè nessuno li ha mai guardati, degnati di ascolto. Ecco che la sfida, la violenza, l'insolenza e la coltellata diventano un modo per affermare la propria forza. Un'imtazione della propria realtà, dei propri punti di riferimento mai avuti, dove magari aggredire è la parola chiave. Dietro a quell'aggressività primordiale c'è PAURA.Istinto cieco di sopravvivenza. Aggredire per non essere aggrediti. Sembra assurdo, ma usano quel linguaggio, seppur distorto, perchè hanno paura della vita.

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