Castello di sabbia sulla spiaggia di Pellaro |
Settembre, andiamo. E’ tempo di migrare… (D’Annunzio, I pastori)
La ri-migrazione
dei calabresi che tornano d’estate nella loro regione inizia subito
dopo ferragosto, per diventare massiccia una diecina di giorni dopo e
concludersi, ma solo per pochissimi, all’inizio di settembre, quando in
alcuni quartieri e paeselli restano solo gli abitanti stabili.
Quando i migranti locali, tra luglio e agosto, arrivano dal Nord o da altre nazioni, si dice che vengono in vacanza, ma è solo una formula linguistico-sociale convenzionale.
Certo, vacanza è
tante cose: va dal semplice riposo, dalla possibilità di ritmi più
lenti e gesti più morbidi all’andare molto lontano, dando al proprio
corpo, alla propria mente spazi-tempi talmente differenti da poter
dimenticare (la propria realtà) - dimenticarsi (di sé) e/o ritrovarsi
nello specchio, deformante e insieme preciso, di persone, situazioni,
lingue diverse dal solito.
Ma tornare
ogni anno nella propria terra, ritrovare i colori, gli odori, i sapori
che stanno iscritti nel proprio DNA, passare ore e ore con familiari con
cui, nel resto del tempo, non si condivide la quotidianità, è un percorso diverso. Fatto di vuoti (già, la “vacanza”!), e di pieni - spesso di troppo pieni e di troppo vuoti.
E’ la
ri-immersione in un tempo-spazio, mutevole e immobile, in una sorta di
acquario dell’anima che in qualche modo equivale, che lo si voglia o
meno consapevolmente, al restare dentro se stessi. Diversi perché
la vita e le esperienze, fatte magari in contesti molto lontani, hanno
maturato modi e convincimenti nuovi, ma ancorati ad uno specifico pezzo
di terra, ad un lembo di mare. Perché, nel tempo, le persone, tante, si
disperdono, escono dai confini del proprio cuore, ma un luogo può
restare dentro per sempre.
Naturalmente, ogni generalizzazione vale per quello che vale, le esperienze sono così tante. C’è anche chi torna con distacco e leggerezza, chi viene perché deve, almeno
per qualche giorno, rivedere una nonna o uno zio; chi, volendo fare i
bagni, mette in conto che il mare calabrese, pur sporco, resta più bello
di tanti altri, e che a pranzo e cena, comunque, c’è una cucina da
consolazione perfetta.
Resta comune il fatto che, poi, si ri-parte.
Qualcuno sicuro di ritrovare un lavoro che ama, una città in cui sta
bene, attività e interessi che gli riempiono le giornate e che in
Calabria non avrebbe; qualche altro che si chiede se, arrancando tanto a
Nord, forse non sarebbe il caso di arrabattarsi nella propria terra.
Chi se ne parte felice d’averci passato un mese, ma non resisterebbe di
più, chi sorride ma si strugge di non poter rimanere, chi finge, magari
anche a se stesso, che preferirebbe restare ma in fondo ha già la mente
altrove.
Di quelli che stanno sempre lì, alcuni
passeranno i prossimi undici mesi aspettando che arrivi di nuovo luglio
per riportare chi è appena andato via. Faranno le cose di sempre, un
giorno dopo l’altro si fingeranno normali, ma, in realtà, respireranno in apnea, il fiato sempre trattenuto in un’attesa talora fiduciosa, più spesso inquieta (chissà se camperò un altro anno per rivedere figli e nipoti) come se mancasse sempre qualcosa (qualcuno).
La
mancanza di respiro largo per un dolore che stringe il cuore, per
un’ansia che non fa tenere la maglia interna attaccata alla carne,
prende anche taluni (forse non pochi) di quelli che, a settembre, sono
di nuovo sparsi, qui e là, in Italia, in Europa e, magari, in altri
continenti. Anche loro con la costante sensazione di non essere
completi, come ci fosse una parte del tronco o un fianco mancante.
Nell’aria
di Calabria – che sia quella dei veleni nascosti sottoterra o nel mare o
quella che sa di gelsomini e agrumi – resta come una nube invisibile e
immobile.
Un
groviglio di inquietudine rassegnata, lacrime rapprese, vite contratte,
la ferita mai davvero cicatrizzata anzi continuamente suppurante di
malsana sedimentazione di migliaia e migliaia di solitudini, sconfitte,
separazioni grondanti sensi di colpa.
Un macigno, un piede nemico, che ‘nci ‘cuppa ‘o cori (le opprime il cuore).
Apparso su Zoomsud con il titolo Settembre, la Calabria torna a migrare http://www.zoomsud.it/index.php/commenti/56830-settembre-la-calabria-torna-a-migrare.html
Occhio di Pellaro: anche su questa spiaggia il 3 settembre 43 sbarcarono gli Alleati. | Nella foto, a destra, un rifugio militare. |
Su Zoomsud è apparso anche: 3 Settembre 43: settanta anni fa una nuova storia arrivò dal mare
http://www.zoomsud.it/index.php/commenti/56918-3-settembre-43-settanta-anni-fa-una-nuova-storia-arrivo-dal-mare.html
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