Italia mia,
benché ’l parlar sia indarno
a le piaghe
mortali
che nel bel
corpo tuo sí spesse veggio…
Sono andata a rileggermi la Canzone all’Italia di Petrarca e, naturalmente, il VI Canto del
Purgatorio, quello della terzina famosissima:
Ahi serva
Italia, di dolore ostello,
nave sanza
nocchiere in gran tempesta,
non donna di
province, ma bordello!
E pure quella Canzone
all’Italia di Leopardi, che non vale certo i suoi versi immensi ed eterni
fino a quando (come direbbe altro poeta)
il Sole/risplenderà su le sciagure umane, anzi mi è sempre sembrata un po’
ridicola per via di quel roboante Combatterò, procomberò sol io.
Ma, in un sabato pomeriggio di quieto autunno – in cui,
come ormai troppe volte, viene fatto cadere sul paese, un terreo sgomento di
essere italiani e l’orlo del baratro, rintuzzato appena due anni fa, torna lì,
peggio, molto peggio di prima (il tutto,
peraltro, mentre il presidente della Repubblica sta a Napoli a ricordare le
Quattro Giornate, uno degli inizi della nostra storia più contemporanea)– tutta
quella serie di domande mi appaiono tutt’altro
che retoriche.
O patria mia,
vedo le mura e gli archi
E le colonne
e i simulacri e l'erme
Torri degli
avi nostri,
Ma la gloria
non vedo,
Non vedo il
lauro e il ferro ond'eran carchi
I nostri
padri antichi. Or fatta inerme,
Nuda la
fronte e nudo il petto mostri.
Oimè quante
ferite,
Che lividor,
che sangue! oh qual ti veggio,
Formosissima
donna! Io chiedo al cielo
E al mondo:
dite dite;
Chi la
ridusse a tale? E questo è peggio,
Che di catene
ha carche ambe le braccia;
Sì che sparte
le chiome e senza velo
Siede in
terra negletta e sconsolata,
Nascondendo
la faccia
Tra le
ginocchia, e piange.
Piangi, che
ben hai donde, Italia mia,
Le genti a
vincer nata
E nella
fausta sorte e nella ria.
Se fosser gli
occhi tuoi due fonti vive,
Mai non
potrebbe il pianto
Adeguarsi al
tuo danno ed allo scorno;
Che fosti
donna, or sei povera ancella.
Sappiamo e anche bene – o dovremmo saperlo – chi ha
ridotto così il bel Paese.
Saremo mai in grado di darla noi – elettoralmente,
politicamente, culturalmente – la spallata a chi ci vuole paese di servi, escort,
leccapiedi e compagnia, un paese volgare e, secondo l'etimologia del termine, decisamente osceno?
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