Mettiamo che, in questi ultimi giorni dell’anno, siate tornati per qualche giorno nella periferia reggina, provenendo da Napoli. Vi pare che l’incubo dei cumuli di spazzatura spariti ormai dalla città partenopea (come, è un altro discorso), si siano trasferiti da queste parti, invadendo spazi che chiamare strade sarebbe improprio, visto che, in realtà, sono solo grandi buche circondate da pezzi di asfalto: insomma, se non ci appizzate le gambe e/o le ruote della macchina, potete considerarvi fortunati.
Naturalmente, avete già letto, e nei caratteri cubitali che la notizia merita, quanto ha scritto la Corte dei Conti: ''ACCERTATE CONDIZIONI PER DISSESTO. PROCEDIMENTO SOSPESO E RIMESSO ALLE SEZIONI RIUNITE DELLA CORTE PER SAPERE SE IL PIANO DI RIEQUILIBRIO INTRODOTTO CON LA LEGGE 213/2012 (APPROVATA LO SCORSO 7 DICEMBRE) SOSPENDA O INTERROMPA LA PROCEDURA ANCHE IN PRESENZA DI SUSSISTENZA DI CONDIZIONI DI DISSESTO''.
Rimbombi funebri che acquistano accenti di più dolente concretezza nelle tante persone che incontrate e che vi raccontano come NON va il loro lavoro. La lista di quelli che hanno perso la propria occupazione è così lunga che vi scoppia in testa. Un elenco che, in parte non trascurabile, sfugge anche ai rilievi statistici, giacché si tratta di persone che lavoravano in nero. Insomma, la situazione è anche peggiore di quello che si legge.
Vi capita anche, da qualche parte, di partecipare ad una Messa e di dover ricordare come, in un suo libro, molti anni fa, l’allora cardinale Ratzinger abbia scritto che una seria prova dell’esistenza di Dio è la permanenza della fede cristiana di fronte alle migliaia e migliaia di omelie non precisamente adeguate che i fedeli ascoltano la domenica. E’ indubbiamente vero che, insieme a forti carenze ci sono grandi eccellenze, ma se la chiesa reggina è afona rispetto a grandissimi problemi, anche questi aspetti andrebbero, al suo interno, discussi seriamente.
E vi capita di vedere gli scavi di Occhio, a Pellaro. Anzi, no, non vedete nulla, perché quel piccolo gioiello, inaugurato in pompa magna, è totalmente ricoperto da cespugli altissimi di erba del sole, nome luminoso per piante che, mi dicono, risultano velenose per gli animali.
In tutto questo, non vi sono mancati né petrali né crespelle, che non sono soltanto prelibatezze culinarie, ma segni di una cultura contadina ormai dispersa eppure alta. E neppure conchiglie da raccogliere con davanti l’Etna con i suoi morbidi veli bianchi scintillanti al sole. E, già alle nove del mattino, per strada, la temperatura natalizia è stata tale da farvi togliere il giubbotto.
E vi è tornata in mente la domanda solita eppure urgente. Se ci stanno in circolazione un po’ di persone di spalle larghe e di buona volontà per ri-costruire questa terra, che aspettano a farsi avanti? Nel caso, il 2013 sarebbe decisamente migliore.
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