martedì 13 ottobre 2020

Un patto educativo perché Gennariello possa splendere

 

Sulle pagine di Avvenire, don Gennaro Pagano – direttore del Centro Educativo Regina Pacis della diocesi di Pozzuoli, cappellano di Nisida, psicologo e poeta – rilancia il progetto, per l’area metropolitana di Napoli, di un Patto Educativo, basato su tre pilastri: progettazione, “da fare insieme, istituzioni, terzo settore, enti locali, associazionismo, chiese, sport, cooperative”; prossimitàche intende sostituire ad una logica dell’attesa dei ragazzi la loro ricerca costante; stanandoli dall’invisibilità in cui sono relegati”; prevenzione, “che significa far presto, arrivare prima, prima di tutti e di tutto, per accompagnare i figli della città fin da piccoli, fin da bambini”.

“Questo patto – dice don Gennaro – non vuole essere un’ulteriore passerella sociale ma deve dar vita ad un Osservatorio Educativo, capace di sorvegliare, denunciare, indicare strade, evidenziare possibilità di riscatto. Questa volta non si tratterà di un’idea lanciata all’opinione pubblica ma di una proposta vera e propria, di un patto che vuole inchiodare tutti al proprio dovere verso i più piccoli: evitare che siano carne di macello ad uso della criminalità organizzata, di una cultura deviante, di una società che non li vede e che non vedendoli condanna se stessa, il proprio presente e il proprio futuro. Chiunque è interessato all’iniziativa può scrivere in privato o inviare una email a: direttore@centroreginapacis.it

Negli ultimi sette mesi, due ragazzi napoletani sono stati uccisi nel corso di una rapina. Non sono i primi e, sic stantibus rebus, non saranno gli ultimi. La reazione della città, il dibattito che si è innescato, già debole a marzo, quando il paese stava per entrare in lockdown, è stato, nell’ultima circostanza, quasi assente: sepolto sotto la discussione, vivacissima, sulla partita Juve-Napoli.

Passare dalla denuncia della sostanziale indifferenza e dall’ormai accentuata stanchezza di (buona) parte dell’opinione pubblica napoletana rispetto a drammi sociali incancreniti ad un’azione comune, in rete, tra soggetti istituzionali e non, che parta da un’analisi precisa della realtà, abbia metodo condiviso e obiettivi chiari, è lo scatto necessario, reso ancora più urgente dalla pandemia in atto.

L’ obbligo costituzionale che ogni cittadino, a partire dai “minori”, abbia riconosciuti tutti i suoi diritti ad una “buona” crescita, fa da perno a due piatti della bilancia, che comprendono la necessità dello sviluppo e il riconoscimento di una convenienza. Se i tanti Gennariello delle nostre periferie non splendono, c'è meno luce per tutti.

Noi abbiamo bisogno, tutti, di uno sviluppo economico-sociale-culturale più forte. A Napoli, come in tutto il Sud e nel resto del Paese. Lo avevamo anche prima, ma la pandemia ha accentuato questa necessità: come società dobbiamo fare un salto perché l’attuale crisi non ci ricacci troppo indietro, anzi ci apra ad una sorta di nuovo rinascimento. (Un po’come Firenze, dopo la peste nera del 300). Non possiamo fare a meno dell’intelligenza, della forza, della creatività di nessun ragazzo (tra l’altro, in una società che invecchia, bene sempre più prezioso). Lasciarne una parte al loro destino è ingiusto, immorale, illegale: e, anche, tremendamente stupido.


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