Jole Santelli, l’ho vista, come un’infinità di altri politici, a Nisida. Era sottosegretario alla Giustizia, carica che ha ricoperto tra il 2001 e il 2006. Non ricordo la data, solo che non lo era da molto, quando venne a visitare il carcere. I maschi adulti dell’istituto – anche lì, di battute sulle belle donne ne ho sentite – l’aspettavano con una certa ansia, parlottando delle sue beltà. E lei non deluse le attese. I capelli corvini su un volto di antica bellezza mediterranea, occhi splendenti, la camicia bianca coi primi bottoni slacciati che attirava lo sguardo su una fisicità quasi prorompente.
Ebbi la sensazione che fosse come quei ragazzi che soffrono a stare seduti nei banchi. Come se quel muoversi lento, nel cortile, la ritualità delle visite ufficiali le stessero stretti, comprimendo una voglia di capire più curiosa, più vitale. La guardai, però, non solo con la diffidenza verso la sua parte politica (ho guardato, a Nisida, forse con ancora maggiore diffidenza quelli della mia parte), ma anche facendole ricadere addosso l’insofferenza verso quelle occhiate complici dei maschi di cui sopra.
Poi, non me ne sono mai occupata fino a che non è stata candidata ed eletta come presidente della Calabria, quando, su Zoomsud, scrissi: «Jole Santelli ride ad una “battuta” che, a me, come a tantissime altre (e anche altri, in verità) fa accapponare la pelle. Ciò non toglie (diversamente, penso, da quanto ritengono, in tantissime) che la sua candidatura, in quanto donna, sia un segno di novità. Il valore, in politica, non è certo dato dai cromosomi. Eppure, che, ormai da tempo, candidature femminili importanti vengano più da destra che da sinistra è un dato da non trascurare. E non è un fatto trascurabile che sia, da oggi, una donna a capo del governo della Calabria.»
Da quel momento, l’ho seguita con più di una critica – sempre nei limiti del rispetto istituzionale – e con molta attenzione.
Mai avrei pensato di soffrire così tanto alla notizia della sua morte. Come un terremoto emozionale. So bene che, come si diceva in Calabria “quando nascono, sono tutti belli; quando sposano, sono tutti ricchi; quando muoiono, sono tutti bravi (buoni, ndr)”, eppure la sua è stata una morte, da cui non si può prescindere per valutare, a mente più fredda, la sua brevissima esperienza di governatrice.
Ho passato la giornata di ieri a leggere cose che ha detto, che ha scritto. Ho idea che lascerà nella storia della Calabria un segno più forte di quanto appena nove mesi fa chiunque avrebbe scommesso.
Ripreso su Zoomsud:
Nessun commento:
Posta un commento