sabato 29 febbraio 2020

Alessandro Barbero e la Storia come sapere complesso



 
Forse, nonostante sia ormai un’abitudine, un po’ si meraviglia anche lui. Il teatro pieno, l’applauso inziale che si riserva all’entrata del primo (grande) attore; quello, finale, che sembra farlo cadere, il teatro: lungo, che nessuno vorrebbe smettere. Forse – mentre, un po’ intimidito, non si sottrae all’ovazione – gli viene un po’ di invidia per chi, nel futuro, studiando i nostri anni, si troverà a indagare su come e perché centinaia e centinaia di persone, tra l’altro in giorni ansiosi da contagio, fanno la fila per sentir parlare di Dante tra guelfi e ghibellini. (Ma sarebbe stato lo stesso per qualsiasi argomento avesse scelto). 


Alessandro Barbero ha la capacità di trasmettere conoscenza con semplicità e passione: il suo parlare vibra di emozione: l’emozione della ricerca, della comprensione dei fatti, della messa in ordine del puzzle degli eventi. E' un grande narratore: non per nulla ha scritto anche buoni romanzi.
Ci sono motivi evidenti sul come e perché lo si segua (io faccio parte dei “vassalli” che lo ascoltano pressoché tutti i giorni; una sua lezione su youtube è il sottofondo abituale delle mie faccende domestiche). 



Ma l’interesse più generale per chi parla di Storia, il fatto che il Festival della Storia a Napoli (come da altre parti) abbia tanto seguito ha a che fare, forse, col fatto che in una società di slogan, aumenta la necessità di un sapere complesso. E che cosa più della storia può allenare il pensiero alla complessità del reale?

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