Forse, nonostante sia
ormai un’abitudine, un po’ si meraviglia anche lui. Il teatro pieno, l’applauso
inziale che si riserva all’entrata del primo (grande) attore; quello, finale,
che sembra farlo cadere, il teatro: lungo, che nessuno vorrebbe smettere. Forse
– mentre, un po’ intimidito, non si sottrae all’ovazione – gli viene un po’ di
invidia per chi, nel futuro, studiando i nostri anni, si troverà a indagare su
come e perché centinaia e centinaia di persone, tra l’altro in giorni ansiosi
da contagio, fanno la fila per sentir parlare di Dante tra guelfi e ghibellini.
(Ma sarebbe stato lo stesso per qualsiasi argomento avesse scelto).
Alessandro
Barbero ha la capacità di trasmettere conoscenza con semplicità e passione: il
suo parlare vibra di emozione: l’emozione della ricerca, della comprensione dei
fatti, della messa in ordine del puzzle degli eventi. E' un grande narratore: non per nulla ha scritto anche buoni romanzi.
Ci sono motivi evidenti sul come e perché lo si segua (io faccio parte dei “vassalli” che lo ascoltano pressoché tutti i giorni; una sua lezione su youtube è il sottofondo abituale delle mie faccende domestiche).
Ci sono motivi evidenti sul come e perché lo si segua (io faccio parte dei “vassalli” che lo ascoltano pressoché tutti i giorni; una sua lezione su youtube è il sottofondo abituale delle mie faccende domestiche).
Ma l’interesse più generale per chi parla di
Storia, il fatto che il Festival della Storia a Napoli (come da altre parti)
abbia tanto seguito ha a che fare, forse, col fatto che in una società di
slogan, aumenta la necessità di un sapere complesso. E che cosa più della
storia può allenare il pensiero alla complessità del reale?
Nessun commento:
Posta un commento