lunedì 17 febbraio 2020

L'impagabile brillio del conoscere





Il protagonista di Ragazzo italiano – il libro di cui ho parlato nel post precedente – fa parte della classe media acculturata del Nord, ha madre e nonna insegnanti, in casa ci sono dei libri, crescendo si compra giornalini. Eppure la scuola è fondante non solo per le conoscenze che acquisisce, ma proprio nella strutturazione della sua mente, nell’acquisizione di un metodo per continuare ad imparare.

Bambina dell’estremo Sud, mamma e nonna con la seconda elementare, io sono andata in prima nel 1958, quando Ninni frequentava la media. Anche per me la scuola, con tutto il peso della sua severità e selettività, è stata decisiva. Tuttora, devo tantissimo alle montagne di analisi logica, alle sconfinate praterie di riassunti, all’oceano di versioni dal greco, all’infinità di temi, alle ossa stanche per le troppe ore curva sui libri.

Oggi la scuola – certamente rinnovata: ma non è argomento su cui intendo diffondermi – si muove in un contesto che, pur con tante possibilità nuove, appare più stanco, con meno slanci di futuro degli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso e con la difficoltà estrema di un orizzonte più incerto anche sul senso stesso dell’educare/istruire.

Eppure, poche cose sono più belle che vedere un ragazzo/una ragazza che fiorisce quando comincia a collegare, rielaborandole, le informazioni apprese facendone un suo pensiero autonomo.

Penso al brillio negli occhi di alcune ragazze, di alcuni ragazzi di Nisida. Impagabile.

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