mercoledì 19 febbraio 2020

Ma i ragazzi del Sud hanno abbastanza storie?





I primi libri che ho letto li ho ricevuti in regalo per la Prima Comunione. Cuore, I ragazzi della via Pal, La capanna dello zio Tom: tutti maschi protagonisti, con le donne (se e quando c’erano) di sfondo. Menomale che c’era anche Piccole donne: chi, come me, alle storie si è ben presto appassionata, si poteva identificare in Jo March: almeno un po’, almeno nella sua voglia di scrivere.
Mia madre, da piccola, di libri non ne aveva avuti, mentre mia figlia, da piccoli, ne ha letti (e/o avuti letti) decine e decine ben prima dei miei otto anni.
Nel giro di due generazioni, l’istruzione obbligatoria – donne comprese – e il fiorire di una fiorente editoria per ragazzi ha offerto ai bambini e alle bambine la possibilità di arricchire il loro mondo interiore, la loro immaginazione, con tante storie diverse, ambientate in tantissime parti del mondo, con protagonisti, ugualmente, maschi e femmine.
Chimamanda Adichie, in un Ted diventato libro, Il pericolo di un’unica storia, (Einaudi), indica la necessità di tante narrazioni diverse, che superino il pericolo di un pensiero stereotipato. E Giovanna Zoboli, parlando proprio del libro della Adichie, e riferendosi alla narrativa per ragazzi, osserva: «Avremmo bisogno di pensare più spesso ai “libri che mancano” pensando all’offerta nel suo insieme. Avremmo bisogno di avere voci, autori, protagonisti delle “diversità” che vorremmo raccontare per averne una rappresentazione non stereotipata, avremmo bisogno di un immaginario davvero nuovo, più ricco.»
Ho letto, da ragazzina, storie di fanciulle belle e capricciose di nobili origini e di altrettanto belle, ma povere e non capricciose, martiri: non ne ricordo né autori né titoli. Mi è rimasto in mente Penny Parrish, storia della figlia di un ufficiale americano: la trovavo bellissima, ma mi faceva sorgere l’idea che quello fosse il mondo “giusto” e, il mio, un mondo “marginale”. Non mi è mai capitato di leggere, mentre crescevo, decenni fa, storie di bambine/ragazzine, se non della mia terra, di luoghi simili al mio paese e che si muovessero in condizioni non troppo lontane dalle mie e in cui potessi davvero rispecchiarmi.
La narrativa per ragazzi si è ormai guadagnata un grande spazio. Ma per moltissimi ragazzini e ragazzine del nostro Sud, per esempio calabresi – che, pure, fortunatamente, possono leggere storie ambientate in Finlandia o in Alaska – leggere di loro conterranei "normali" (lontani, per esempio, se napoletani, da vicende camorriste) resta, temo, tuttora impossibile. O quasi.

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