I primi libri che ho letto li ho ricevuti in regalo per la Prima Comunione. Cuore, I ragazzi della via Pal, La capanna dello zio Tom: tutti maschi protagonisti, con le donne (se e quando c’erano) di sfondo. Menomale che c’era anche Piccole donne: chi, come me, alle storie si è ben presto appassionata, si poteva identificare in Jo March: almeno un po’, almeno nella sua voglia di scrivere.
Mia madre, da piccola, di
libri non ne aveva avuti, mentre mia figlia, da piccoli, ne ha letti (e/o avuti
letti) decine e decine ben prima dei miei otto anni.
Nel giro di due
generazioni, l’istruzione obbligatoria – donne comprese – e il fiorire di una
fiorente editoria per ragazzi ha offerto ai bambini e alle bambine la possibilità
di arricchire il loro mondo interiore, la loro immaginazione, con tante storie
diverse, ambientate in tantissime parti del mondo, con protagonisti,
ugualmente, maschi e femmine.
Chimamanda Adichie, in un
Ted diventato libro, Il pericolo di un’unica
storia, (Einaudi), indica la necessità di tante narrazioni diverse, che superino il
pericolo di un pensiero stereotipato. E Giovanna Zoboli, parlando proprio del
libro della Adichie, e riferendosi alla narrativa per ragazzi, osserva: «Avremmo
bisogno di pensare più spesso ai “libri che mancano” pensando all’offerta nel
suo insieme. Avremmo bisogno di avere voci, autori, protagonisti delle
“diversità” che vorremmo raccontare per averne una rappresentazione non
stereotipata, avremmo bisogno di un immaginario davvero nuovo, più ricco.»
Ho letto, da ragazzina,
storie di fanciulle belle e capricciose di nobili origini e di altrettanto
belle, ma povere e non capricciose, martiri: non ne ricordo né autori né titoli.
Mi è rimasto in mente Penny Parrish, storia
della figlia di un ufficiale americano: la trovavo bellissima, ma mi faceva
sorgere l’idea che quello fosse il mondo “giusto” e, il mio, un mondo “marginale”.
Non mi è mai capitato di leggere, mentre crescevo, decenni fa, storie di
bambine/ragazzine, se non della mia terra, di luoghi simili al mio paese e che
si muovessero in condizioni non troppo lontane dalle mie e in cui potessi
davvero rispecchiarmi.
La narrativa per ragazzi si
è ormai guadagnata un grande spazio. Ma per moltissimi ragazzini e ragazzine del
nostro Sud, per esempio calabresi – che, pure, fortunatamente, possono leggere storie
ambientate in Finlandia o in Alaska – leggere di loro conterranei "normali" (lontani, per esempio, se napoletani, da vicende camorriste) resta, temo,
tuttora impossibile. O quasi.
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