giovedì 6 febbraio 2020

Leggere perché





Per il Riformista Napoli, parlo di lettura, del perché si legge poco, di come invertire questo dato, di che cosa si perde non leggendo con Viola Ardone, Maurizio de Giovanni e Patrizia Rinaldi. È un tema che mi appassiona e, con passione, ne parlano i miei interlocutori.

Ognuno di loro accentua un elemento importante. Per la mia esperienza a Nisida, con ragazzi del tutto digiuni di lettura, a me sembrano decisivi, come metodo, la lettura a voce alta dell’insegnante o di chi per lui/lei e, come obiettivo/ricaduta, il moltiplicarsi dei punti di vista, il superamento dell’unidimensionalità dello sguardo. 

Naturalmente, la conversazione – di cui ringrazio di cuore i miei interlocutori – non è stata esaustiva e non ha potuto trattare di tutto ciò che di bene comporta la lettura e di male la sua assenza.
Due aspetti mi sembrano di particolare importanza, uno per così dire pubblico e uno privato (nel senso non di mio personale, ma di personale di ciascuno che legge).

Il primo. Che la maggioranza dei politici italiani (con le debite eccezioni) non legga, mi sembra di tutta evidenza. Se leggessero un po’ di saggi di economia, di storia, di varie scienze, sarebbero più capaci. Se, nel corso di un anno, trovassero il tempo di leggere anche quattro-cinque romanzi di buon livello, lo sarebbero ancora di più.

Il secondo: leggere insegna stare da soli. In una società così esteriorizzata, così social e così poco sociale, la lettura insegna a stare dentro se stessi, ad abitare le proprie emozioni, a collegare i fili di un pensiero proprio. A rompere l’isolamento che è contro natura e può, però, tranquillamente convivere con l’essere folla, ed affrontare la solitudine, che è l’inevitabile condizione di molte scelte decisive della propria esistenza.

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