La prima
fase del governo Monti è stata l’unica, negli ultimi 30-40 anni, in cui mi sono sentita davvero all’interno di un paese
possibile.
Non parlo
delle norme emanate: ce ne saranno di giuste, sbagliate e così così, e, come
capita sempre, in molti casi sarà solo il tempo a determinarne davvero l’effettivo valore e/o disvalore.
Parlo del
clima: dello spirito di serietà, del conversare sensato, dell’aria emanata che ci si stesse occupando –
secondo competenza e coscienza: qualità che non escludono errori e anche orrori
ma che restano le più alte con cui ognuno di noi può affrontare il proprio
lavoro, le proprie scelte – non di se stessi o dei propri interessi di bottega,
ma del paese.
La salita in politica di Monti –
forse discutibile in sé e, ancor di più, per le troppe anime presenti nel movimento,
la scarsa qualità di alcuni personaggi (sottolineo: alcuni, essendo altri ottimi), l’evidente tentativo di alcuni di
servirsi di un carro che li trasportasse in parlamento e, possibilmente, nelle
stanze del governo ecc. ecc. – mi è sembrata, nonostante le già citate (e
altre) debolezze, una possibilità di rinnovamento della politica italiana,
bloccata, da decenni, in due forze vistosamente incapaci di affrontare i
problemi del paese.
Forse in
qualche modo illusa dall’antico “pigghia ‘ i mundizzi da ‘rua e mettili ‘intra”
(ovvero, mettersi in casa, come fidanzato ufficiale, anche uno così così, che
la famiglia della sposa avrebbe però adeguatamente coltivato), ho ritenuto che, di fronte alle evidenti incapacità
degli altri, di tutti gli altri, quelli che si riconoscevano nel tentativo di
governo di Monti avrebbero potuto, se non essere,
almeno diventare.
Passati al
vaglio dei problemi reali, che sono tali da togliere il fiato, avrebbero
potuto, con sforzo di intelligenza e sensibilità, mettere da parte il loro
peggio e condividere il loro meglio, provando a costruire un’alternativa
di peso. Di quelle che, magari, non pigiano i bottoni importanti, ma riescono a
diventare lievito ideale, linfa di proposte - serie - per quella nuova primavera che
sembra così lontana da un’Italia congelata in un troppo lungo inverno.
E’ tristanzuolo assai, per me,
leggere delle varie tensioni e rotture e minacce e litigi e voci grosse e capricci e terremoti e fibrillazioni all’interno di
Scelta civica: tutti modi, grotteschi, che sanno più di stantio che di vecchio, per rendersi tanto irrilevanti che renderebbe irrilevante anche il parlarne.
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