Piccolo, limitato, marginale. Ma il triangolo di terra,
che per me resta il mondo, era, fino agli inizi degli anni settanta, una bomboniera di bellezza assoluta.
Poi, il canneto scomparve, sul bagnasciuga apparvero le
ville, il mare si sporcò di fogne a cielo aperto. Il consorzio del bergamotto
combinò pasticci che hanno dato il via alla fine di una produzione d’eccellenza,
mandorli e ulivi sono diminuiti a vista d’occhio, il grano definitivamente
scomparve. Sono cresciute le case, ma troppe senza armonia, scheletri di
cemento senza carne e sangue.
Ora, siamo arrivati all’ultimo misfatto. Basta poco - un po’ più di caldo, qualche ora di
scirocco appiccicaticcio, deprimente e snervante - perché trasporti sporco,
puzza di spazzatura e peggio l'aria più bella che esista: quella del "si pigghia 'nu pani 'i sangu", luminosa e leggera, striata di profumi.
Il pezzo che segue è stato pubblicato su Zoomsud, col
titolo Pellaro, quando la notte profumava
di erba fetera http://www.zoomsud.it/index.php/commenti/56193-pellaro-quando-la-notte-profumava-di-erba-fetera.html
Le montagne siciliane, il mare in cui due terre
si specchiano, le curve ondulate della costa calabrese.
Sulla collina della Loggia di Pellaro salgono
ogni anno un po’ di decine di persone, per un piccolo concerto jazz che
accompagna proprio l’ultimo, sfolgorante, quarto d’ora del sole sullo Stretto.
Frutto della passione di Giovanni Laganà, I
suoni dell’urlo del tramonto del Mediterraneo sono una delle iniziative più emozionanti di Eco
Jazz, il festival che con grande passione conduce dal 92 Giovanni Laganà.
Una perla dell’estate pellarese che, da
ventisette anni, vede anche una molto seguita rassegna curata dalla Piccola
compagnia del teatro, di cui è presidente Giuseppe Minniti.
Musica e teatro, ma non solo, sono ottimi motivi
(anche) per una serata d’agosto in un luogo cui non manca né il retroterra
storico (già porto romano, noto per la lavorazione della terracotta… ecc.ecc.),
né la tipicità dei prodotti (dal bergamotto al vino), né nuove attività (è
centro importantissimo per gli appassionati di kite surf).
Ma.
Tra i ma, ce n’è uno che mi sembra quasi
incredibile.
Tornando verso casa, l’aria della notte, se il
vento di borea non aiuta e lo scirocco inquieta, può avere un retrogusto di sporco,
spazzatura (che viene quasi costantemente raccolta, in verità), cassonetti già
da tempo bruciati e sottoposti ad un’altra giornata di arrostimento al sole.
Eppure.
Fino a pochi anni fa, le notti erano profumate:
un impasto di mare e di piante, con sottili note di gelsomino. Andando più
indietro, ma non tantissimo, nel tempo, la vecchia provinciale aveva ai lati
due siepi di erba fetera: che, di giorno, se veniva spezzata, emanava
cattivo odore, ma, di notte, inondava di un profumo intenso, quasi inebriante.
Nota a margine di questo pezzo. Qualcuno mi riferisce
di aver incontrato sulla spiaggia di Occhio una signora piemontese (con famiglia), entusiasta della bellezza (rimasta).
E’ arrivata
qui – potenza della tv – dopo aver visto, poco più di un mese fa, il servizio
su Pellaro e dintorni su Sereno variabile.
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