domenica 4 agosto 2013

La politica, le parole e la giustizia





C’è un progetto, di quelli di cui mi occupo nel corso dell’anno scolastico, che consiglierei ad ogni scuola, ma di cui, sebbene da taluni insistentemente richiesta, parlo poco e scrivo meno. 

Il Laboratorio politico Roberto Dinacci è nato a Nisida da una necessità e da un desiderio. La necessità è quella di consentire a ragazzi che dello Stato conoscono bene ciò che non funziona (le periferie degradate della città, la scuola che ha difficoltà a integrare i più difficili, la capacità di perseguire più gli scalcagnati che i davvero delinquenti ecc. ecc.) un confronto sulle tematiche della cittadinanza attiva con personalità pubbliche (uomini e donne dei partiti, delle istituzioni, dell’economia, della cultura). Il desiderio è quello di onorare, mantenendone costantemente vivo il ricordo, Roberto Dinacci, tragicamente morto a meno di trenta anni, che, arrivato a Nisida come membro della segreteria particolare dell’allora ministro all’Innovazione, Nicolais, per seguire il progetto 100Napoli, era “diventato dei nostri”, offrendoci un esempio concreto di quella stupenda espressione di Paolo VI, secondo cui “la politica è l’espressione suprema della carità”. 

Dal 2008 al 2013, al Laboratorio di Politica hanno partecipato in tanti, dal presidente della Repubblica, Napolitano e dalla presidente della Camera, Boldrini, a politici di diverso colore, persone che ha lottato contro la camorra, intellettuali. Per ogni incontro, un gran lavoro di preparazione (spiegare ai ragazzi chi avrebbero incontrato, provare a far emergere le prime domande, quelle per rompere il ghiaccio, prima di lasciare il dibattito al libero fluire delle domande e delle risposte con l’interlocutore di turno) e un gran lavoro successivo (sulle reazioni da ciascuno suscitate). Alcuni, da cui ci aspettavamo interventi interessanti, ci hanno deluso; altri, di cui avevamo un’opinione meno alta, ci hanno sorpreso positivamente. Qualche intervento è entrato davvero nella nostra memoria collettiva, di qualche altro, come capita sempre, bisogna fare uno sforzo non da poco a ricordalo. Nell’insieme, un progetto di spessore, un’esperienza utilmente ripetibile in ogni scuola.

Eppure, non mi sento di metterla globalmente in chiaro in un piccolo saggio (i piccoli racconti, su questo o quel momento li ho fatti). Ogni tanto ci provo, ma desisto.

Per due motivi per me di immediata evidenza. Perché la documentazione che ne ho raccolta non è omogenea (di alcuni incontri abbiamo registrazioni e foto, di altre appunti e foto, di qualcuna mancano le immagini e cosi via; e, ancora, le personalità coinvolte, alcune “scelte”, molte “trovatesi” più o meno per caso dalle nostre parti sono troppo diverse, per professione, impatto pubblico ecc. ecc.) e perché non vorrei, eventualmente, prestarmi ad un uso propagandistico-elettorale di questo o quest’altro intervento.

E per un motivo per me ben più cogente. Al di là dei singoli interventi e delle singole persone – alcuni ed alcune davvero belli/e – la mia sensazione è stata sempre più quella di una distanza – talvolta sofferta, talaltra rassegnata – tra la Domanda – per quanto confusa e strumentale – e la Risposta – per quanto onesta e sincera – sulla Giustizia. 

Giustizia intesa come sforzo d’attuazione dell’articolo 3 della Costituzione: il più bello, quello della tensione ad avvicinare la quotidianità dei poveri cristi all’ideale di una società che, spezzando i vincoli della solitudine, riesce a integrare tutti. Una difficoltà pressoché generale a dare carne e sangue a parole senza suono.

Sull’argomento, rimando ad un intervento simile su Zoomsud: 
http://www.zoomsud.it/index.php/commenti/55954-come-l-aria-e-il-pane-il-bisogno-della-politica.html


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