Un Paese intristito e
imbarbarito. Che sembra superarsi, ogni giorno, solo nell’aggiunta ai già alti
cumuli, di altri sacchi di degrado: politico, economico, sociale, culturale,
ambientale. Una corruzione delle idee e dei fatti che, viene da pensare,
coinvolge, al vertice e alla base, la maggioranza
reale dei cittadini: altrimenti, come sarebbe possibile questa pervasività
dei mali che continuano a inquinare ogni nostra giornata?
Non è il solo, ma poiché ad ogni giorno basta la sua pena (dovrebbe
bastare: perché qui di pene se ne hanno ben più d’una al giorno), per oggi
parlerò solo del mare di volgarità e violenza che investe Cécile Kyenge: donna;
medico; nera di pelle; africana di nascita; italiana per scelta; calabrese per
amore (avendo sposato un calabrese); ministra.
Ogni attacco a lei –
naturalmente, intendo, non ogni valutazione critica delle sue idee, ma ogni
oscena offesa – è un attacco a tutte queste dimensioni: all’essere donna, all’essere
nera di pelle, all’aver scelto come patria l’Italia, e anche alla sua
calabresità.
E’ un attacco al Sud e a tutti i
Sud del mondo.
Un attacco al cuore stesso di ciò
che, nonostante tutto, permane e che molti, con gran fatica, provano a far
crescere, dei tanti secoli di civilizzazione che abbiamo alle spalle.
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