martedì 16 luglio 2013

Dalla parte di Cècile Kyenge





Un Paese intristito e imbarbarito. Che sembra superarsi, ogni giorno, solo nell’aggiunta ai già alti cumuli, di altri sacchi di degrado: politico, economico, sociale, culturale, ambientale. Una corruzione delle idee e dei fatti che, viene da pensare, coinvolge, al vertice e alla base, la maggioranza reale dei cittadini: altrimenti, come sarebbe possibile questa pervasività dei mali che continuano a inquinare ogni nostra giornata?

Non è il solo, ma poiché ad ogni giorno basta la sua pena (dovrebbe bastare: perché qui di pene se ne hanno ben più d’una al giorno), per oggi parlerò solo del mare di volgarità e violenza che investe Cécile Kyenge: donna; medico; nera di pelle; africana di nascita; italiana per scelta; calabrese per amore (avendo sposato un calabrese); ministra.

Ogni attacco a lei – naturalmente, intendo, non ogni valutazione critica delle sue idee, ma ogni oscena offesa – è un attacco a tutte queste dimensioni: all’essere donna, all’essere nera di pelle, all’aver scelto come patria l’Italia, e anche alla sua calabresità.

E’ un attacco al Sud e a tutti i Sud del mondo.

Un attacco al cuore stesso di ciò che, nonostante tutto, permane e che molti, con gran fatica, provano a far crescere, dei tanti secoli di civilizzazione che abbiamo alle spalle.

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