lunedì 8 luglio 2013

A Lampedusa il Papa annega la globalizzazione dell'indifferenza





Un lunedì di festa, questo 8 luglio. Quasi fosse un lunedì dell’Angelo con quel vertiginoso scambio: “Maria” “Rabbunì”.

Niente dà più fiducia nel trovarsi compartecipi ad uno di quei momenti in cui il mondo si rinnova. Perché in momenti così tutta la sofferenza (del dolore, dell’impossibilità, della stanchezza) si riveste di speranza. C’è ancora un futuro per la nostra storia, altre primavere fiorite, estati piene di frutti, autunni dai colori morbidi, inverni che custodiscono semi di grano nuovo. La morte ha vinto, la vita lotta ancora.

A Lampedusa – e già il solo andarci, in quest’estrema periferia storico-geografica sarebbe stato un fatto epocale – papa Francesco ha avuto gesti e parole che, contro “la globalizzazione dell’indifferenza”, scolpiscono il senso del nostro vivere.

Che gli uomini tutti, credenti e non credenti, sazi e affamati, bianchi e neri, sani e malati, hanno, insieme, un dovere stringente e una felice possibilità: diventare umani nel loro comune pellegrinare su questa terra. Dove siamo migranti tutti, anche quelli che sono nati e morti nella stessa casa.

(E confermando, tra l’altro, senza necessità di dirlo, che, con tutti i suoi limiti, errori e problemi, non appena la Chiesa cattolica annuncia la Buona novella che le è stata affidata, diventa comunque, e per tutti, Lumen gentium)




Sulla visita del papa a Lampedusa, Questo è quello che avevo scritto ieri su Zoomsud http://www.zoomsud.it/commenti/54953-il-papa-a-lampedusa-un-lampo-di-luce-sugli-invisibili.htlm


L'autore del Gattopardo. I dammusi. I missili di Gheddafi. Respiro di Crialese.

Piccoli lampi di luce diversa che richiamano, ognuno a suo modo, Lampedusa.

L’isola – un pezzo d’Africa all’interno dell’Europa (“Geologicamente essa appartiene all'Africa e, come Pantelleria, è più vicina alle coste tunisine distando da queste 113 km che non a quelle italiane, da cui dista 127 km”, osserva Wikipedia) – racchiude, nel suo nome, un destino di dramma e di speranza.

Rimanda, infatti, il suo nome, molto probabilmente, ai lampi che, anche nella tempesta, la rendevano visibile, quando nessun'altra àncora per orientarsi più s'intravvedeva, ai naviganti in difficoltà.
Luogo di sosta, nell’antichità, per Fenici, Greci, Romani e Arabi, nell’ultimo decennio la bella Lampedusa è stata l’approdo privilegiato dei migranti, in larga misura clandestini, dall’Africa verso l’Europa. Approdo faticosamente raggiunto da alcune decine di migliaia di persone in fuga da fame e guerre e in cerca di condizioni dignitose di vita; e da chissà quante altre migliaia soltanto o neppure intravisto prima d’essere inghiottite dal mare.

Lunedì 8 luglio, un lampo raggiungerà l’isola e mostrerà all’Europa tutta gli Invisibili di cui, per anni e anni, ha provato a non accorgersi e riproporrà a chiunque voglia vedere e sentire le urgenze dei tanti Sud del mondo e il comune destino degli abitanti del nostro pianeta.

Giusi Nicolini, sindaco di Lampedusa, ha usato il temine “epocale” per il viaggio – il primo del suo pontificato – di papa Francesco.

Per una volta, il termine non è per nulla esagerato.

Ci sono gesti che cambiano la storia. Questo ne ha tutte le potenzialità.

 

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