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“Whatever it takes”, disse un giorno Mario Draghi. Allora, si parlava di euro. Sono passati quasi 10 anni e tocca a lui fare ciò che va fatto adesso per salvare l’Italia: oggi e per il futuro.
Non sempre i giudizi immediati sono quelli che il dopo convalida. Comunque, non mi stupirei se, tra molto tempo, quando io già da tanto non ci sarò, sarà chiaro che, in una tarda serata di inizio febbraio 2021, il presidente della Repubblica, Mattarella (sei anni esatti dopo il suo insediamento al Quirinale) ha posto le basi della “ricostruzione” del Paese post-pandemia. Grazie all’azione del più odiato e nettamente più capace dei politici italiani (magari per demerito altrui).
Questa crisi ha messo in ulteriore evidenza due aspetti: la debolezza di un centro-destra arroccato nei suoi mantra e l’inconsistenza del Pd, partito che avrebbe dovuto guidare la fuoruscita dalla crisi mettendo all’angolo i più assurdi ancoraggi pentastellati (la loro salita al potere resta il guaio più grande dei nostri anni) e, invece, in quel gorgo si è fatto travolgere.
Quando alle elezioni, quando si faranno, non ci si arriverà certo con i partiti com’erano costituiti fino al pomeriggio di ieri. Avremo non pochi riassestamenti e adattamenti. La crisi della politica è ancora una volta squadernata davanti agli occhi di tutti. Sarebbe ora che i politici (che non seppero ben approfittare della crisi che portò a Monti) si “ricostruissero”.
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