Il bambino che stava per diventare un
piccolo campione nel suo sport e mai più lo sarà. La ragazza pronta a passare
un anno all’estero, che poi non ci andrà. La coppia che aveva iniziato a vagheggiare
un figlio, che non vedrà mai la luce. Quante vite interrotte – oltre ai morti,
alla crisi economica-sociale-educativa – in quest’anno drammatico, che è stato
una sorta di lunga Quaresima. In effetti, anche se la Quaresima 2021 è
cominciata solo da qualche giorno, di fatto non è che la continuazione di
quella 2020: abbiamo concluso in un anno nove Quaresime e siamo solo all'inizio della decima.
Sarà per questo, che, a differenza degli ultimi anni, non ho sentito (per fortuna; almeno al momento) grandi inviti morali a fare deserto, a spegnere tv e cellulari, ad allenarsi in questo o in quel sacrificio.
In questo tempo così dolente quando non desolato o disperato, si può dire beato chi, comunque, questo tempo non l’ha disperso, chi è riuscito/riesce/riuscirà a dare valore anche ai vuoti, alle assenze, alle mancanze, alla sospensione della propria normalità. Chi riesce a costruire nonostante con gli scarti rimasti. Chi riesce, nel suo piccolo e, magari, anche in grande, a prefigurare il mondo che verrà. Perché per nessuno di questi giorni a nessuno verrà restituito un altro giorno.
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