Martedì di Carnevale verso sera
l’Etna dà spettacolo. Una linea di fuoco
scende dalla sommità del cratere e si muove
veloce come volesse raggiungere il mare.
Una linea di cenere, densa, all’orizzonte
separa le fiamme dall’azzurro argentato.
C’è qualcosa in questo nembo che precede
il Mercoledì delle Ceneri che aggiunge
bellezza a bellezza, un senso misterioso
che non trova parole ma allarga il cuore.
Come un risveglio, l’energia vitale
che rifluisce, scioglie la neve,
trova la strada giusta anche nel buio.
*Come parte dei reggini, concordo sempre il termine Etna al femminile. Non un vulcano, ma “la” montagna. Ho letto, oggi, in un post su twitter che “in Islanda c’è una lista di nomi che puoi dare ai bambini maschi e, fuori da quella, non li registrano. Invece alle bambine si può dare il nome dei vulcani, per il focoso e turbolento temperamento femminile”.
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