E adesso, senza
barbari, cosa sarà di noi?
Era una soluzione, quella gente. Konstantinos Kavafis
Mettiamo un miracolo. Stasera, improvvisamente, scompare il virus che ha cambiato il corso della nostra vita. Qualche ora, forse qualche giorno di prudenza e, poi, il via libero: si può ricominciare a fare quello che si faceva.
Ma, davvero, tutti sarebbero pronti a riprendere gli usi di prima, come se questi mesi fossero solo una parentesi? Magari, chi andava in palestra ci si iscriverà subito di nuovo. Chi frequentava i bar ci tornerà. Chi amava ospitare tavolate di amici rifarà gli inviti. Magari saranno uguali i gesti, i cibi, i movimenti. Ma l’anima difficilmente sarà rimasta uguale. E, con essa, lo sguardo, il modo di parlare, il flusso dei pensieri e delle emozioni.
Mi chiedo se la sospensione dell’oggi – così pesante, così faticosa da reggere – non sia o non possa essere – per alcuni? Per molti? – anche uno spazio-tempo in cui accucciarsi, un nascondiglio perfetto dalla vita: questo ormai quasi annoso “non si può” come soluzione alla più feroce dimensione della libertà: dover scegliere.
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