Presepe all'uncinetto realizzato da Maria Pintore |
Avevo trent’anni quando è stato installato il primo albero di Natale a San Pietro. Quello stesso dicembre del’82, con mia figlia piccola, per la prima volta addobbai, a casa, un albero vero. Il primo albero della mia vita l’avevo visto poco più che decenne a casa di parenti di amici di famiglia. Rimasi stupita dell’albero in sé, un po’ più delle luci e, ancora di più, del fatto che ci erano appesi, in varie forme, tantissimi cioccolatini. Mi rimase un senso di meraviglioso, ma con uno strano retrogusto. Per me, il Natale era solo presepe e, poi: col calore di quelle lucine, la cioccolata non si sarebbe sciolta?
Mi chiedo quando Natale è diventato il Natale che, negli ultimi decenni, abbiamo conosciuto: luci sfavillanti, pubblicità edulcorate, frenesia d’acquisti. Come per anni mi sono chiesta perché tanti festeggiamenti generali per una festa in sé religiosa. Che cosa vi ha cercato, negli ultimi anni, una società in cui la famiglia è sempre più spesso attraversata da separazioni e divorzi e dove i neonati sono ormai una rarità?
Il 2020 è stato, e continua ad essere, un anno setaccio: che lascerà, in ognuno in noi, solo una parte di quello che eravamo. Il Natale che sta per arrivare che cosa significherà in questo processo di cambiamento che – comunque: che lo vogliamo o no – stiamo attraversando?
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