lunedì 2 novembre 2020

Un 2 Novembre tra la morte e la vita

 


C’è stato, nella nostra storia recente, un 2 novembre così impregnato di morte? Di morte non come ricordo, rimpianto, commemorazione. Riguardante, certo non sempre, ma spesso, soprattutto il passato. Ma come immediato presente e prospettiva futura.

Con le rovine del “mondo di prima”, lo sbriciolamento delle consuetudini più normali, le prospettive incerte quando non buie. Con le macerie di una parte almeno dell’economia, lo sbriciolamento delle istituzioni statali, le inattese debolezze della scienza e la confermata debolezza della religione, le difficoltà a mantenere un minimo di relazioni, il tracollo della tenuta psichica (a parte i vecchi-vecchi, siamo generazioni “deboli”, poco aduse ad affrontare difficoltà estreme) e la correlata esplosione di paure ed egoismi, il tracollo educativo (ci è finalmente accorti quanto la scuola sia importante, ma il dibattito resta troppo ancorato all’apertura degli edifici più a che cosa intendiamo per educazione e come pensiamo di favorirla).

Stiamo nel mezzo di una crisi epocale che ci modificherà.

Se sopravvivremo, lo dovremo al rispetto delle regole nostro e altrui, all’intelligenza delle decisioni prese dalle pubbliche autorità, al funzionamento del sistema ospedaliero, al lavoro di tanti.

Se ne usciremo vivi, non cadaveri ambulanti, ma viventi, capaci di affrontare il mondo nuovo, dipenderà, invece, solo da noi. Dalla capacità di ciascuno di attraversare il dolore, il vuoto, la morte dell’oggi.

 

 

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