Che gran libro è Patria
di Fernando Aramburo, pubblicato, in Italia, da Guanda. Era da tempo che
non leggevo un romanzo così emozionalmente coinvolgente, così capace di delineare
un’intera società e, insieme, così innovativo nella sua struttura narrativa.
In una comunità lacerata dal fanatismo politico, dove
si susseguono gli attentati dell’Eta, due famiglie basche, che vivono in un
paesino vicino a San Sabastiàn, quelle di Txato e di Bittori e di Joxian e
Miren, con i loro rispettivi figli, passano, attraverso eventi drammatici (l’uccisione
di Taxto e la prigionia di un figlio terrorista di Joxian e Miren) dalla più
intensa amicizia alla distanza e all’odio per trovare poi una liberatoria
riconciliazione.
La costruzione del testo polifonico a brevi capitoli focalizzati,
senza un ordine temporale preciso, sui sette personaggi principali (eccezionale,
soprattutto, la raffigurazione delle due madri), con l’inserimento di frasi in
prima persona all’interno di testo in terza e un uso molto incisivo di termini
baschi, restituisce dall’interno il clima opprimente e malato di una società
accecata dal sanguinoso mito dell’Eta, con tutto il relativo carico di
violenza, omertà, connivenze, paure, minacce, solitudini.
Uno dei più grandi romanzi europei degli ultimi anni,
quasi un suggello letterario alla fine della lotta armata basca.
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