Fino a
dieci-dodici anni, ho sempre immaginato che i bambini esistessero prima di
nascere: che fossero in cielo prima di arrivare sulla terra. Forse perché a
quei tempi l’espressione usata era “A… ci porturu ‘u figgliolu” (Letteralmente:
ad A… hanno portato il bambino per dire: È nato il figlio di A.), mi chiedevo
perché proprio quel bambino entrasse
in quella casa.
Ritrovo una simile
fantasia in Segreti delle nuvole di
Matteo Cellini, appena pubblicato da Bollati Boringhieri una favola per adulti
di ogni età ricca di interrogativi filosofici sulla vita – il sottile crinale
che la rende possibile o impossibile; le situazioni economico-sociali che la
fanno considerare desiderabile o meno, l’esile linea che la divide dalla morte
(manca il riferimento all’eventualità di nascere malati gravemente) – all’interno
di una narrazione morbida come un neonato ben nutrito o soffice come le nuvole,
quando sembrano riccioli di panna montata.
Nel racconto di
Cellini (prof in provincia di Pesaro Urbino: un suo alunno delle medie scrive
che “Il prof ha un’immaginazione a cui non arrivano neanche i bambini”) i
bambini non ancora nati vivono sulle nuvole: ansiosi che quell’uomo e quella
donna s’incontrino per poter entrare anch’essi nella vita, oppure desiderosi
che quell’incontro non ci sia: perché loro saranno figli proprio di quell’uomo
e quella donna oppure non saranno.
Un libro che,
avvicinando il lettore a se stesso, lo raccoglie in una silenziosa ma anche
spiazzante intimità e lo inserisce in un orizzonte di senso di più ampio
respiro. Un poetico inno alla vita che vuole silenziosamente, appassionatamente,
furiosamente, solo una cosa: poter vivere.
Chi legge Segreti delle nuvole non dimenticherà
facilmente Tommaso Sili, che racconta la vita prima e dopo la nascita: sua,
della sorellina Ada e del fratellino che vorrebbe chiamare Carlo
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