Se la parola che
concentra l’Avvento è attesa, quella
che della Quaresima è austerità.
Austerità
non
è cupo restringimento della vita, ma bellezza che si sprigiona dalla serietà, dalla responsabilità, dal senso del
dovere: dalla consapevolezza, in fondo, che siamo polvere, eppure destinati
all’eternità.
L’Avvento assomiglia ad
un fiume in cui ci si trova immersi anche senza accorgersene: tutti (o quasi)
si affrettano ad una festa che riunisce parenti ed amici intorno ad una tavola,
si dia o meno, in tempi più a che post cristiani, un senso religioso al
Natale.
La Quaresima sfocia nella
memoria di un evento che è discrimine tra chi nel cristianesimo si riconosce e
chi no: implica una scelta più consapevole.
Eppure, i valori che
ruotano intorno alla serietà del vivere, al valore collettivo e trascendente
del nostro tempo sulla terra non sono esclusivi di una fede. Fanno anch’essi
parte del dna delle persone. Magari nascosto, molto nascosto. E ci vuole un bel
po’ di silenzio per ascoltarne la voce sottile.
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