“La più alta lezione di
vita che io abbia mai ricevuto.”
La frase è di Luca
Rossano, vicepreside del Cpia Napoli città 1, cui fa capo la scuola che opera a
Nisida, ma rappresenta bene il pensiero di tutti quelli che, sabato 17
febbraio, al Centro Europeo di Studi di Nisida, hanno ascoltato le
testimonianze dei ragazzi di In viaggio
per guarire.
Poche ore,
indimenticabili.
Prima, il pranzo, nel
refettorio dell’IPM; insieme ad alcuni ragazzi e ragazze che, nei giorni
precedenti, avevano scritto loro delle lettere di benvenuto.
Poi, nella sala rossa del
Ceus, dove hanno raccontato la loro esperienza di indomiti lottatori contro la
malattia e le ragazze e i ragazzi di Nisida, coordinati dalla maestra di teatro, Veria Ponticiello
hanno raccontato le loro viaggio attraverso le parole verso la libertà,
mettendo in scena alcuni brani dei libri prodotti, in questi anni, nel
Laboratorio di Scrittura.
Se i nostri ragazzi hanno
emozionato l’uditorio, i ragazzi guidati da Anna Berenzi hanno provocato una
tempesta di sentimenti, che ha visto molti occhi inumidirsi e molte facce
rigarsi di lagrime.
Gianluca Guida, il
direttore di Nisida, cui non mancano mai le parole, ha visibilmente fatto uno
sforzo per concludere l’incontro, rammaricandosi per i ragazzi che non avevano
potuto essere presenti e abbracciando idealmente ciascuno: “Da oggi, voi siete
i nostri supereroi”.
Ne ho voluto scrivere ad
alcuni giorni di distanza, per confermare quello che è stato evidente da
subito: un incontro, quello con le ragazze e i ragazzi di Anna Berenzi, che
sconvolge emozionalmente e continua ad agire nel tempo, modificando i pensieri,
la percezione che si ha della vita.
È davvero un’eccezionale
regalo dell’Italian Techer Prize che
un tale tour in 13 città possa essere realizzato. Ed ha un valore alto il fatto
che la sofferenza della malattia, la lotta per la vita abbia potuto incontrare
la sofferenza di chi, giovane o giovanissimo, è in carcere. Molti dei ragazzi
hanno osservato: “Noi soffriamo per colpa nostra. Loro no.” e qualcuno ha
commentato: “Vi auguro di vincere la vostra battaglia per la vita. Io mi
impegno a meritare la mia libertà.” Che non è retorica, è il ridimensionamento
della propria rispetto alle altre esperienze, è acquisire una prospettiva più
reale, e, quindi, più giusta di vita.
Un momento di scuola
alto, la guerra più bella, se proprio
si volesse usare una metafora bellica in
tempi in cui la scuola finisce agli onori della cronaca per episodi deprecabili
e un presidente Usa chiede di armare, di fronte alle armi degli studenti, le
mani degli insegnanti.
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