Quando il giovane Kostja
uccide con un colpo di pistola Tulaev, importante membro del Comitato centrale
sovietico, vengono indicati come colpevoli e condannati ben cinque fedeli
servitori del partito: l’intellettuale Rublev, Erchov, alto commissario di
polizia, Makaev, contadino-soldato, il vecchio bolscevico Kondriatiev e Ryjik,
irriducibile trockista.
Il
caso Tulaev di Victor Serge – recentemente riproposto
da Fazi, a settanta anni dalla sua pubblicazione e a cinquanta dalla prima
edizione italiana – è un eccezionale romanzo sul sistema repressivo staliniano.
Ispirato all’epurazione
scatenata da Stalin dopo l’assassinio nel 1934 di Sergej Kirov, capo
dell’organizzazione del Partito comunista a Leningrado, e costruito con una
tecnica narrativa a raggiera, Il caso
Tulaev immerge nell’Unione Sovietica degli anni 30, quando un’intera
generazione di rivoluzionari viene eliminata e gli ideali di una società di
uguali rovinano nel sangue, nelle deportazioni, nell’annullamento di ogni autonomia
di pensiero.
Analisi implacabile di una
sistematica repressione e dal connesso annichilimento delle coscienze, Il caso Tulaev colpisce per lo sguardo
spietato dell’autore che, pure, non ha rinunciato ai suoi ideali rivoluzionari,
la passione e la verità con cui Serge tratteggia le vicende dei suoi personaggi,
e la bellezza letteraria di un libro, cui non è estranea la lezione di Dostoevskij.
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