“Ieri sera ho pregato per
te.”
Me ne sono sentite dire
ogni genere. Dal “ti voglio bene, maè”, all’augurio di finire a mare, scendendo
da lì. Ma, una cosa così, non me non me l’aveva mai detto nessuno.
Ci stiamo ancora sedendo,
intorno al tavolo, vicino alla stufa. Ma non siamo ancora tutti.
Ho avuto solo il tempo di
chiedere: “Come va? Come state?” E di poggiare libri, fotocopie, fogli, penne,
e giornali.
“Bene.”, risponde
qualcuno. “Fa freddo.”, dice qualche altro.
“Male – dice R. – sto male,
ma guardo sempre avanti.” Ha una croce tatuata sul petto, voce profonda e occhi bui che s’accendono di
luminosità cristalline.
“Ho pregato pure per te – continua, rivolgendosi a E. – e per mia madre. Per me, no. Non prego mai per me, prego
sempre per gli altri.”
“Devi pregare anche per te.
Anch’io prego per voi”, dico.
Qualcuno sorride, ma
senza ironia. Anche loro, dicono, credono in Dio.
Sono, intanto, arrivati
tutti. Anche le ragazze.
“Distribuite queste
fotocopie. Oggi, leggiamo…Dai, V., inizia tu…”
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