venerdì 31 ottobre 2014

Nel segno di Eduardo






Ho avuto la fortuna di vivere, oggi, l’emozione della commemorazione di Eduardo al Senato, dove alcuni miei ragazzi hanno recitato brevi passi tratti da La Grammatica di Nisida.  
E stasera, a Nisida, sempre alla presenza di Luca, una più ampia recita tratta dallo stesso volume.
La recensione di Conchita Sannino su La Repubblica del 25 ottobre 2014


Quale sia il legame tra Eduardo e gli ultimi libri prodotti a Nisida, ho provato a sintetizzarlo in questa nota: 

In una delle sue tante visite a Nisida, ai ragazzi che gli chiedevano di fare qualcosa per loro, Eduardo de Filippo rispose: “Ve lo prometto. Vi prometto che farò qualcosa perché voi possiate uscire dalla vostra situazione. Tutti vi condannano, ma io non vi condannerò. Io vi assolvo”. Ci fu un silenzio forte, intenso. Ed Eduardo continuò: “Io vi assolvo, perché siete stati costretti, vi hanno messo con le spalle al muro”.

Non intendeva certo, così, giustificare il reato, negando la responsabilità personale di ciascuno, bensì richiamare con forza l’attenzione sulle problematiche sociali, economiche, culturali che al reato possono portare. Cosa che fece anche nell’aula del Senato chiedendo all’Assemblea di prendere concretamente a cuore la sorte delle migliaia di ragazzi, la cui barca – disse – fa acqua da tutte le parti, riparando le carenze dannose, anzi catastrofiche che interi territori del paese ancora vivevano (e vivono).

Da quando Eduardo enunciò al Senato la sua idea di un Villaggio dei giovani, comunità di formazione lavorativa e umana, tantissime cose sono cambiate in meglio, a partire dall’entrata in vigore del nuovo Codice penale minorile, ma molto resta ancora da fare.

Gli scritti dei ragazzi – da cui sono nati gli ultimi due volumi pubblicati a Nisida, La Grammatica e La Sintassi di Nisida – sono, come ha osservato Conchita Sannino su La Repubblica, “discorsi di vita (…) traiettorie che, quasi senza volerlo, mettono in scena il ritratto di una Napoli senza cittadinanza sociale e civile”.

In Ognuno è il luogo in cui nasce, ovvero Il Decimo Racconto de La Grammatica è espresso con particolare chiarezza il senso della drammatica separazione tra un ragazzo di Nisida e la società nel suo complesso: «Avevo sei, sette anni, e, a scuola, le maestre e le mamme già mi guardavano male e dicevano: chillu è cammorrista. Io ero solo un bambino buono e bravo. E pure timido. Non sapevo ancora quello che pure voi sapete. Si nasce in certi quartieri, si appartiene a una certa famiglia e la vita tua è segnata. (…) Ci sono persone che si divertono a giudicare, non sapendo niente delle vite nostre e delle sofferenze che ognuno di noi è costretto a provare, anche quando non ha nessuna colpa, prima ancora di sapere distinguere il bene e il male. Che male avevo fatto io, bambino? A meno che non volete dire che la mia colpa è stata nascere. Il cognome è come un marchio ed è difficile far capire che anche noi siamo persone normali e non sempre c’entriamo con gli sbagli dei nostri familiari  (…) Quanto allo Stato, vorrei far capire ad alcuni suoi esponenti che non bisogna giudicare o parlar male di persone senza aver subito le cattiverie, i pregiudizi e le sofferenze che quelle hanno provato. Lo Stato dovrebbe entrare nel fondo di ogni persona, non deve basarsi solo ed esclusivamente sul cognome che porta o dell’ambito familiare in cui si trova, questa per me è una sconfitta e mi ha fatto perdere ogni fiducia in qualsiasi istituzione. Se dovessi scegliere se affidarmi allo Stato o alla camorra, mi dispiace dirlo, ma non sceglierei nessuna di queste due cose, mi affiderei solo a me stesso».

I Racconti della Grammatica e della Sintassi sono intrisi della vita dei ragazzi e delle ragazze di Nisida, della loro infantile innocenza e del loro adulto cinismo, della corazza dell’indifferenza e dell’amaro disincanto, della loro rabbia serpeggiante e della loro angoscia nascosta.

È molto importante che i ragazzi di Nisida, più abituati all’azione irriflessa che al pensiero meditato, possano trovare proprio nella civiltà delle parole, grammatica e sintassi di ogni positiva convivenza, canali di scorrimento della propria sofferenza, creta per rimodulare i confini della propria esperienza e abbozzare l’ipotesi che il futuro non necessariamente è già scritto. Le loro parole impongono a tutti quelli che, con diversi ruoli, hanno responsabilità sociali di essere ascoltate. Perché nessun ragazzo deve crescere senza un’effettiva cittadinanza sociale e civile.



Questa è la poesia di Ernesto F. proposta in entrambe le recite:

NONNO EDUARDO

Ti chiamiamo Nonno noi ragazzi
di Nisida perché ti amiamo
con tutto il cuore.

Sei stato pure tu vivace
e pieno d’amore
vivendo di pensieri e di gloria.

Ora che non ci sei più
ti pensiamo di più,
tu che ci hai dato tanti consigli
e belle parole.

Ti ricordiamo camuffato da Pulcinella
con quello sguardo pieno
di malinconia.

Noi, forse, seguiremo i tuoi consigli:
sei stato un grande uomo.

Con tanto affetto e tanto amore
ad un uomo ormai svanito
i ragazzi di Nisida
ti portiamo sempre nel cuore.

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