«Non pensare all’elefante. Non pensare all’elefante.
Non pensare all’elefante. Ma, come insegna Lakoff, ripeterselo è il modo
migliore per continuare a pensarlo. E durante la visione de “Il giovane
favoloso” di Martone (precisamente dall'intervallo in poi) il mio elefante fu
il seguente: «Un adolescente che sta studiando Leopardi, che impressione ne
potrà trarre?» Alla fine del film, mi sono risposta: la conferma a tutti i
pregiudizi». Sul suo blog, Josephine Condemi, una delle voci
più originali e sensibili della Calabria più giovane, motiva le sue forti riserve nei
confronti del film di Martone http://josephinecondemi.wordpress.com/2014/10/21/de-il-giovane-favoloso-e-lelefante/
concludendo: «… immagino il secchione uscire dal cinema a metà tra il
compiaciuto e lo scoraggiato, il bulletto sempre più convinto a unirsi a tutti
coloro che chiamano Leopardi “Nanerottolo” e in classe il rafforzamento
dell’idea che se studiare significa combinarsi così allora meglio non
esagerare. In un paese di analfabeti funzionali, non mi pare un grande
risultato».
A studiare Leopardi, si arriva, nella scuola
italiana, all’ultimo anno del superiore. Prima, forse, s’è letto
qualche canto alle medie e qualche altro canto più un’operetta morale al biennio
(temo sia passata da tempo l’epoca in cui si mandavano a memoria Il sabato del villaggio, Il passero
solitario, A Silvia). Quindi, a occuparsene si arriva più o meno a
diciassette/diciotto anni: epoca meravigliosa per provare a capire il mondo, la
storia, se stessi.
Vedendo il film di Martone un
diciassette-diciottenne che, in questi mesi, sta studiando Leopardi effettivamente
rischia grosso.
Prima di tutto, in generale, rischia di
verificare – verificare in quanto
dovrebbe saperlo già; ma se non lo sapesse, avrebbe ottime possibilità di scoprire – che un poeta, quanto più è
grande, tanto meno è l’ingessata figurina di un santino, da conservare in non
sfogliate pagine di libro.
Nello specifico, rischia di verificare/scoprire
un sacco di cose. Per esempio, che Leopardi è stato un giovane fragile e forte,
intelligente e sensibile, ironico fino al sarcasmo, tagliente nei giudizi.
Insieme, immerso e fuori dal suo tempo. Di sentimenti forti e di pensieri
robusti. Capace – negata la consolazione della
prospettiva di fede e respinte le lusinghe delle magnifiche sorti e progressive – di affrontare la propria
infelicità a viso aperto, trasfigurandola in versi, per chi li legge, di
sublime incantamento.
Ma rischia, anche, qualcosa in più. Soprattutto
se ha un insegnante che ama cultura, letteratura e allievi. Ovvero, rischia di
scoprire che il Leopardi di Martone è, appunto, Leopardi visto da un regista
che ha una sua cultura, una sua idea del mondo, una sua sensibilità: che non
corrisponde necessariamente né al Leopardi del proprio professore e neppure a
quello che lui stesso può prefigurarsi, a patto di leggerlo, rileggerlo, e rileggerlo ancora. Che, insomma, la cultura
non è fatta di statue di gesso ma scambio di idee e sensibilità, dialogo e
critica: comunione di somiglianze, ma anche fervido confronto di differenze, capacità di distinguere tra il gusto personale e il valore oggettivo di un'opera.
Come nella poesia di Kavafis – Itaca ti ha dato il bel viaggio,/senza di
lei mai ti saresti messo/sulla strada: che cos’altro ti aspetti? – con Il giovane favoloso Martone ha dato alla
scuola una strada in più per mettersi in viaggio alla scoperta, ciascuno, del proprio Leopardi. Non sarebbe colpa sua
(di Martone) se la scuola ne approfittasse poco o male.
Ps Quanto al bulletto pure lui rischia qualcosa a
vedere il film di Martone. Che, magari, gli potrebbe suggerire che, a prendere
in giro il gobbo e nanerottolo di turno (che sia il ciccione, quello senza
fidanzata, quello senza motorino ecc. ecc.), gli può capitare di darsi una zappa
sui piedi. Che, l’altro, il diverso, l’inferiore,
ben diversamente da lui, magari è uno di cui si parlerà ancora tra due secoli.
Nessun commento:
Posta un commento