illustrazione di Cecilia Latella |
Agli occhi degli stolti parve che morissero;
la loro fine fu ritenuta una sciagura,
la loro partenza da noi una rovina,
ma essi sono nella pace.
Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi,
la loro speranza è piena di immortalità.
Per una breve pena riceveranno grandi benefici,
perché Dio li ha provati
e li ha trovati degni di sé:
li ha saggiati come oro nel crogiuolo
e li ha graditi come un olocausto.
Nel giorno del loro giudizio risplenderanno;
come scintille nella stoppia, correranno qua e là.
la loro fine fu ritenuta una sciagura,
la loro partenza da noi una rovina,
ma essi sono nella pace.
Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi,
la loro speranza è piena di immortalità.
Per una breve pena riceveranno grandi benefici,
perché Dio li ha provati
e li ha trovati degni di sé:
li ha saggiati come oro nel crogiuolo
e li ha graditi come un olocausto.
Nel giorno del loro giudizio risplenderanno;
come scintille nella stoppia, correranno qua e là.
Sap.3, 2-7
L’ultima volta che vidi, da vivo, don Giusto Pala fu in memoria
di una signora da poco defunta.
Sul sagrato – in un tramonto d’aria
gradevole e in una strana sensazione di addio – mi disse che, quando le chiese
si sarebbero ancor più svuotate, quando il cristianesimo sarebbe apparso sempre
meno vivo in Occidente, sarebbe comunque rimasta, per i preti, un’eccezionale
occasione di evangelizzazione: i
funerali, con la proclamazione della vita eterna.
Non so quanto le parole dette
dagli altari in occasione dei funerali – che scendono su persone troppo
addolorate o troppo stanche o anche abbastanza indifferenti per essere consolate
– attraversino effettivamente le orecchie dei presenti.
Ma c’è qualcosa, forse oltre il lascito delle tradizioni
culturali, che fa sì che, nel momento del congedo ad una persona cara, quasi
tutti, anche quelli che non lo fanno mai nel resto del tempo, continuino a raccogliersi in chiesa.
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