“Alcuni
faranno di te una celebrità, altri ti disprezzeranno (si chiama mettere le mani
avanti e/o avere la coda di paglia n.d.r.). Non è per loro che scrivi, Marcus.
Ma per tutti quelli che, nel loro quotidiano, avranno passato qualche bel momento
grazie a te”.
Trattato con sufficienza da alcuni, come una copia (molto) mal
riuscita de La macchia umana di
Philip Roth, esaltato da altri (sull’ultimo numera de La lettura ne fa lodi sperticate Antonio
D’Orrico, che gli assegna 110 e lode), La
verità sul caso di Harry Quebert del ventottenne ginevrino Joël Dicker, recentemente edito in
Italia da Bompiani (trad di V.Vega), ha venduto oltralpe più di un milione di
copie ha vinto il Grand Prix du roman de l’Académie Française 2012 e il Prix
Goncourt des lycéens 2012, oltre ad arrivare terzo al Prix Goncourt.
Sono
poco meno di 800 pagine le pagine di questo noir, che indaga, oltre che su un vecchio delitto, sulla
provincia americana, sull’amore e l’amicizia, e sulla scrittura (editori-autori-lettori).
Le
ho lette in pochissimo tempo: e sono state una compagnia molto gradevole.
Se
dovessi dare un consiglio di lettura, uno solo, per l’estate, non avrei dubbi.
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