Parlano,
parlano sempre i protagonisti di Vanagloria di Hans Tuzzi, pubblicato da
Bollati Boringhieri. Decine e decine di personaggi, tra cui i Magnifici Otto,
omosessuali, accomunati anche dallo stesso nome di battesimo; molti intorno ai
cinquanta anni, tutti colti; molti intellettuali di professione, professori
universitari, poeti, funzionari addetti alla cultura. Conversazioni che
fluiscono per 451 pagine, piene di citazioni di opere letterarie e
cinematografiche, dialoghi che vanno dal lavoro alla carriera, al sesso, ai
soldi, ai figli, più o meno problematici. Tutti tolleranti nei confronti dei
vizi propri e altrui. Tutti di sinistra in una Milano, Paneròpoli, governata
dalla destra.
Ci
fosse, da parte dell’autore, uno sguardo tagliente, ne potrebbe venire
l’affresco, duro e grottesco, d’un’epoca. Ma, il suo, resta sempre un
atteggiamento sostanzialmente ambiguo nei confronti dei personaggi e della
storia e la sensazione che lascia questo libro, di pur gradevole lettura, è
quella della decomposizione di una società. Dove la morte aleggia, ma senza
dramma.
Come
se, in fondo, questa borghesia colta e ricca e di sinistra nulla avesse da opporre allo
sbriciolarsi d’una storia e d’una nazione se non parole incapaci di dire.
***
Ho
recentemente letto il romanzo premio Pulitzer 2011, molto lodato dalla critica
per la formidabile innovazione stilistica. Che io ho cercato, ma non trovato.
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