giovedì 30 gennaio 2020

Ma la Questione Meridionale non è chiusa






Seguirò da lontano, ma con molta attenzione, la prima assemblea di Italia Viva.
Mi aspetto che il partito, nato alla Leopolda 10, nonostante sondaggi poco esaltanti e alcune scelte che lasciano perplessi (per esempio, per le suppletive napoletane al Senato), mostri di essere in cammino nella società italiana.

Mi aspetto da Matteo Renzi parole forti: sullo sviluppo economico, sulla crescita culturale, sulla giustizia, sulla politica estera. Mi aspetto, in particolare, che si esprima, in maniera forte e chiara, sull’unità del paese, ovvero contro l’autonomia differenziata senza Lep (livelli essenziali di prestazioni) che sarebbe un dramma per il Mezzogiorno. Ecco, vorrei sentire, per il Mezzogiorno, non un inciso all’interno di frasi rivolte ad altro, ma indicazioni di merito e di metodo. 

La questione meridionale – il voto in Calabria lo conferma – non è finita. Finirà quando tutto il Mezzogiorno sarà produttivo. Senza assistenzialismo. Grazie allo sviluppo del lavoro, magari innovativo. Che toglierebbe spazio anche alle mafie di ogni risma. Se succedesse, l’Italia risalirebbe nelle posizioni alte della classifica delle grandi potenze. Se non succederà, il Sud, o buona parte del Sud uscirà dalla Storia, ma il Nord ne avrebbe reali vantaggi?

Mi sembra assurdo che, su un tema di tale importanza, ci sia una sostanziale afonia degli intellettuali e dei politici meridionali, forse un senso di colpa per le occasioni sprecate e le possibilità mancate in questi settanta anni e passa di Repubblica.

Ci vogliono idee chiare, un progetto che appassioni, la costanza di lottare.
Matteo Renzi ha scritto che l’assemblea si svolgerà a Cinecittà, dove “i sogni prendono forma”.
Se nel sogno non c’è il Mezzogiorno, a partire da chi sta peggio, la Calabria, sarebbe, comunque, un sogno destinato a infrangersi.

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