venerdì 1 marzo 2019

Renzi: il vento della speranza non è esaurito





Sono stata, ieri, a sentire Matteo Renzi al Circolo Artistico Politecnico a Napoli. Sono arrivata due ore prima e bene ho fatto, perché tantissimi sono rimasti accalcati in piedi e tantissimi altri non sono proprio riusciti ad entrare.



Ho letto Un’altra strada il giorno stesso che il libro è stato pubblicato ed ascoltato, su fb, almeno cinque presentazioni. Avrei, insomma, potuto fare a meno di dedicarci un pomeriggio intero se avessi solo voluto sapere quali sono le idee e le proposte di Renzi, al momento. Ma non volevo togliermi il piacere di essere tra quelli che gli riconoscono più virtù che difetti, di dirgli grazie perché ha risposto alla sconfitta senza diventare perdente, anzi rilanciando su un futuro, migliore, possibile (per il paese).



E non solo mi sono trovata tra più gente di quanto pensassi, ma, soprattutto, mi sono trovata tra decine e decine di giovani, contrariamente alla vulgata giornalistica che tratta le folle plaudenti per Renzi più o meno come mentecatti in libertà. Ed ho potuto anche osservare come Renzi (l'abituale camicia bianca con le maniche arrotolate, la battuta sempre pronta, quel fondo di guasconoggine abbandonato, un dolore filiale ben contenuto ma fondo) sia uguale e diverso, diverso e uguale (come magari direbbe Moretti) ad alcuni anni fa (pochi, in fondo, eppure tantissimi).   

Il Renzi, di oggi è sicuramente più maturo, provato sul piano politico e anche su quello personale, ma non ha perso una briciola quella passione per la politica e per il futuro che diventa visione, prospettiva, capacità di guardare oltre. Ovvero, continua a portare in sé – nonostante tutto: gli errori suoi e le malevolenze degli altri – un vento di speranza che un partito di serio riformismo dovrebbe avere come connaturato.




Nell’aprile del 2014, quasi un anno prima che iniziasse la sua avventura da Presidente del Consiglio, mi capitò di sentirlo dal vivo, per la prima volta, alla presentazione di un libro. Ne scrissi, a caldo per Zoomsud, (La lettera. Un paese incerto e tutti in fila in cerca di speranza http://www.zoomsud.it/primopiano/50736-la-lettera-un-paese-incerto-e-tutti-in-fila-in-cerca-di-speranza.html) come si può vedere da questo post sul Blog: http://conchigliette.blogspot.com/2013/04/renzi-i-cattolici-e-il-presidente-della.html:


Caro direttore, ieri pomeriggio (venerdì 12 aprile), sono andata alla presentazione del libro “Giorgio Napolitano. La traversata da Botteghe Oscure al Quirinale” di Paolo Franchi, edito da Rizzoli presso la Sala delle Assemblee della Società Napoletana di Storia Patria al Maschio Angioino.

Non ho alcun dubbio che si tratti, per autorevolezza dell’autore e importanza della materia, di un libro da leggere. Ma, onestamente, non per questo mi sono avviata da casa in maniera da giungere lì un’ora prima di quanto fissato per la presentazione (17.30; presentazione di cui, peraltro, mi sono accorta per caso, non essendoci stata una pubblicizzazione vistosa). Semplicemente, avevo previsto che ci sarebbe stata molta gente.

Per le 17.30, di gente non ce n’era molta, ce n’era moltissima. La sala brulicava di centinaia e centinaia di persone, tantissime in piedi, accalcate tanto che, ad un certo punto, mi è passato in mente che, ci fosse stata una scossa di terremoto o altro evento catastrofico, saremmo rimasti intrappolati.



L’ospite più importante, quello per cui la gran parte delle persone stava lì, è arrivato alle 17.33 e un minuto dopo la presentazione, coordinata dal direttore de “Il Mattino”, è iniziata. Hanno parlato Mauro Calise, Massimo Villone e Umberto Ranieri. Tralascio di dare un voto ai primi due e ti dirò che l’autocritica ai miglioristi fatta da Ranieri mi è sembrata seria e degna di rifletterci su.

Poi la parola è andata a Lui e s’è fatto, nella sala strapiena, un silenzio da chiesa, presto interrotto da applausi ripetuti e scroscianti. Quando ha finito (come era stato annunciato fin dall’inizio), ha lasciato la sala – stretto, come fosse una rock star, nella morsa di più di un centinaio di fotografi e di decine e decine di giornalisti e inseguito dalla stragrande maggioranza di quanti fin allora avevano compostamente e/o appassionatamente ascoltato i vari relatori.

Mentre, nella sala, in pochissimi restavano a sentire l’intervento finale dell’autore del libro, Lui, con grande sforzo, letteralmente correndo, le maniche della camicia bianca arrotolata, la giacca sulla spalla, visibilmente accaldato, guadagnava a fatica la macchina che doveva portarlo alla stazione, mentre intorno tantissimi continuavano a scattare centinaia e centinaia di foto da aggiungere a quelle già a lui scattate all’interno della sala.

Perché tutto questo, caro direttore?
Come ben sai, io devo ancora superare il lutto per Mario Monti (in cui, errori a parte della campagna elettorale, ho fortemente creduto e che vedo ora, almeno al momento, destinato ad un ruolo di molto inferiore a quello che, secondo me, meriterebbe) e non parlo, perciò, da tifosa.

Ma devo dirti che ho visto con chiarezza perché tanta gente stava lì per ascoltare, applaudire, invocare Matteo Renzi.
Perché su quello che lui ha detto si può discutere (personalmente, alcune le condivido, altre no). Ma il modo in cui le ha dette (per me era la prima volta che lo ascoltavo dal vivo), è stato, ti assicuro, decisamente “convincente” e “trascinante”.

Perché da tutto l'impasto del suo ragionamento restava soprattutto una cosa: il futuro è davanti a noi, il futuro, bello e buono, è possibile, è nelle nostre mani: non siamo un paese finito, anzi possiamo fare cose grandi, grandissime.

E tutta quella gente che lasciava la sala per seguirlo, non ti pare inseguire soprattutto questo, un vento della speranza?

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