Il 25 marzo – dicevano i miei nonni – “mancu
‘i ccelli fannu fuleia”: il giorno in cui Dio comincia a diventare uomo, la sospensione della natura, il suo restare
immobile, a bocca aperta, è tale che “neppure
gli uccelli fanno il nido.”
La società contadina poteva avere una
percezione del mistero di questa giornata (l’enorme pretesa del cristianesimo del credere possibile che non solo esista
un Essere Assoluto, ma che prenda forma umana, dalla fragilità di un bambino
alla sofferenza della Croce) abbastanza difficile da avvertire nel contesto
fortemente scristianizzato dell’oggi.
Trovo qualche minuto di buon silenzio nel
commento di don Cristiano Mauri al Vangelo di oggi (L.1, 26-38): «L’Annunciazione è un brano su Cristo non
su Maria. Non è un elogio delle qualità della Madre di Dio ma uno squarcio sul
mistero del Messia, della sua origine, della sua natura di Figlio di Dio. (…) si sente tutto il profumo della
Pasqua, che è una parola di vita al di là del limite della morte, il confine
dell’umano. Nel concepimento miracoloso di Cristo c’è una chiamata a credere
alla vita senza fine. (…) C’è una quantità di cose che quotidianamente
intralcia la possibilità di vivere sciolti e sereni. Il Vangelo è l’annuncio
che tutto ciò non ha l'ultima parola su di noi. Lottare contro ciò che blocca
la nostra o altrui umanità è un modo concreto e vero di credere al Vangelo che
ci vuole liberi e belli.»
Nessun commento:
Posta un commento