lunedì 25 marzo 2019

Quando gli uccelli non facevano fuleia





Il 25 marzo – dicevano i miei nonni – “mancu ‘i ccelli fannu fuleia”: il giorno in cui Dio comincia a diventare uomo, la sospensione della natura, il suo restare immobile, a bocca aperta, è tale che “neppure gli uccelli fanno il nido.”

La società contadina poteva avere una percezione del mistero di questa giornata (l’enorme pretesa del cristianesimo del credere possibile che non solo esista un Essere Assoluto, ma che prenda forma umana, dalla fragilità di un bambino alla sofferenza della Croce) abbastanza difficile da avvertire nel contesto fortemente scristianizzato dell’oggi.

Trovo qualche minuto di buon silenzio nel commento di don Cristiano Mauri al Vangelo di oggi (L.1, 26-38): «L’Annunciazione è un brano su Cristo non su Maria. Non è un elogio delle qualità della Madre di Dio ma uno squarcio sul mistero del Messia, della sua origine, della sua natura di Figlio di Dio. (…) si sente tutto il profumo della Pasqua, che è una parola di vita al di là del limite della morte, il confine dell’umano. Nel concepimento miracoloso di Cristo c’è una chiamata a credere alla vita senza fine. (…) C’è una quantità di cose che quotidianamente intralcia la possibilità di vivere sciolti e sereni. Il Vangelo è l’annuncio che tutto ciò non ha l'ultima parola su di noi. Lottare contro ciò che blocca la nostra o altrui umanità è un modo concreto e vero di credere al Vangelo che ci vuole liberi e belli.»


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