Di luglio e agosto, la
Calabria è una fisarmonica che si allarga per accogliere i tanti che tornano a
rivedere luoghi e parenti e poi si richiude, stringendosi nel respiro a mezzo
polmone di troppe case.
Per quelli che la
Calabria non è vacanza bensì casa, l’ultima settimana d’agosto è la più
difficile da passarci. Ripartiti quasi tutti, si resta come sospesi tra il
macerante senso di perdita per tutto ciò (persone, luoghi) che si sta per
lasciare e la struggente inquietudine del nuovo anno che inizierà a settembre.
Dalla Calabria che non sa
di esserlo, a Nisida che lo nasconde dietro la sottile striscia di un istmo: da
un’isola ad un’altra isola.
Le isole non sono terra
né mare qualunque. Abbracciano e feriscono. Stritolano il cuore e consolano. Uccidono
e fanno rinascere.
Se saremo ancora vivi,
tra poco più di trecento giorni, potrò rifare il viaggio, lungo, di ritorno.
Equilibrista sul vuoto,
guardo un melograno non ancora maturo (chi, più di noi, ha nel sangue il mito
di Persefone e Demetra?) e mi aggrappo ad un augurio che ho sempre amato:
Bon viaggiu e filìci
ritornu. Buon viaggio e felice ritorno.
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