domenica 19 maggio 2013

Yves Bonnefoy: quando ho toccato la Poesia






Capelli bianchi e occhi vivaci colmi di sapienza rivolti più al futuro che al passato; signorile e discreto, vigile e curioso di tutto, un giorno di nuvole e vento dell’ ottobre 2011, Yves Bonnefoy, a Napoli per ricevere l’omonimo premio letterario, è venuto a Nisida.

A scuola, avevamo preparato l’incontro con un lungo e appassionato lavoro sul senso e il valore della poesia; con la lettura di numerose sue poesie ed elaborando per lui le domande da cui partire per un dibattito – “Quando ha cominciato a scrivere? Perché lo fa? E’ contento di essere diventato famoso? Perché ha tradotto Leopardi in francese?”

Lui ha parlato ai ragazzi in cerchio con lo stesso tono con cui, il giorno seguente, ha parlato all’Università: concetti profondi, espressi con grande chiarezza, parole che conoscono trasparenza, peso e valore. Ha preso sul serio le domande dei ragazzi e dato risposte prive di ammiccamenti e compiacimenti, ma piene di attenzione e rispetto, di lucidità e logica e, soprattutto, della lunga consuetudine a cercare i termini che meglio definiscano concetti ed emozioni, esperienze ed idee.
Ed ha, con grande attenzione, ascoltato le loro di poesie: una piccola carrellata del meglio scritto negli ultimi venti anni nel nostro Laboratorio di scrittura.

Ha detto che la poesia è “apprendistato della vita”; che lui ha iniziato a scrivere molto presto, non appena ha iniziato a leggere, perché le parole consentono di superare i limiti in cui siamo ristretti: “Ho cominciato a scrivere perché mi sentivo chiuso in rappresentazioni troppo strette mentre le parole mi danno la possibilità di andare oltre”.

Che la poesia non nasce da un’idea, ma sono le parole che si fanno strada fino a trovare espressione; che la poesia è la critica delle passioni false e la salvaguardia del sentimento altro: “Esistono due grandi passioni: la libertà e la chiave per poterla descrivere, ossia lo studio”. Ha spiegato come Leopardi abbia colto la difficoltà del rapporto tra uomini e la natura, traendo da lì l’idea del riconoscersi tra uomini – “Il suo pensiero sulla poesia somiglia molto al mio: la natura resta estranea ai nostri progetti e solo attraverso le parole può essere compreso il vero senso della vita, gli uomini hanno bisogno di riconoscersi negli altri” – e raccontato che Napoli è città “una città straordinaria, perché fa emergere dappertutto l’inconscio”.

Alla fine un ragazzo gli ha chiesto: “Scriva una poesia per noi”. “Non posso decidere di scrivere una poesia su Nisida – ha risposto – ma spero che le parole per farlo vengano presto a bussare alla mia porta”. Qualche mese dopo è arrivato un sonetto-gioiello, che custodiamo come un’emozione impagabile.

Mi è capitato, per lavoro, di conoscere non pochi scrittori e qualche poeta. Con Bonnefoy, ho avuto la percezione di toccare la Poesia: nell’assoluta concretezza della sua spirituale Bellezza.



Ps. Oggi, sul Domenicale del Sole, Carlo Ossola parla dell’ultimo libro di Yves Bonnefoy e ricorda che il 24 giugno prossimo il grande autore francese compirà 90 anni.

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