«Ormai
è quasi pomeriggio. Salta il pranzo e si dirige verso San
Vito, alla ricerca della spiaggia dove andava con la sua famiglia quando era
bambina. Non c’è traffico. Solo la sterpaglia bruciata dal sole smarrito nel
cielo e grilli nascosti, troppo accaldati per cantare ai lati della strada che
si allontana dalla città. La spiaggia è invasa dai bambini. Daniela sceglie
l’angolo con gli scogli e quel trampolino fatto da una lunga pietra modellata
dal mare e dalle alghe. Si spoglia. Scotta, il sole. A piedi nudi punta il
mare. E si tuffa. Gelo. La pelle impazzisce. Caldo dentro. Freddo a filo dell’acqua.
Trattiene il respiro. E va giù. Gli occhi chiusi. I capelli che cercano la
superficie. La solitudine sott’acqua trova la via d’uscita e piange. Ed è
felice. Felice di essere tornata. Di essere qui, ora».
Chi
ha già letto qualche suo libro – Miserere, L’osso di Dio, Malanova (questi
ultimi due di ambientazione calabrese) – sa bene che Cristina Zagaria, giovane
donna i cui profondi occhi azzurro acqua accentuano l'aspetto delicato, non
scrive storie da “ho due ore libere, vorrei coccolarmi con un bel racconto”, ma
vicende toste, veri e propri pugni in faccia. Da cui si esce come un pugile più
volte messo a tappeto dalla durezza dei colpi, con gli zigomi sanguinanti e il
setto nasale rotto, ma consapevoli d’aver affrontato un tassello della realtà
più sgradevole e ferita: quella che fa domande ineludibili.
Veleno
si svolge a Taranto, dove Daniela Spera, nata all’estero da genitori pugliesi
emigrati e felicemente residente a Parigi, torna: per stare vicino alla madre,
ma soprattutto per l’ancestrale richiamo della sua città.
Al
di fuori del lavoro come farmacista in un centro commerciale molto frequentato,
Daniela vorrebbe darsi del tempo sospeso per trovare la giusta dimensione di se
stessa nella nuova realtà. Ma bastano pochi incontri, quello con la piccola
Tina e con Red Rex, con il quale comincia a parlare, per caso, una notte
d’agosto, a trascinarla in un confronto corpo a corpo con la fabbrica che tiene
la città «in ostaggio. Salute o lavoro. Presente o futuro. Sfiducia o reazione.
Non si può scegliere».
«Presepe
d’acciaio», «l’Ilva sembra la Sagrada Familia. Guglie, picchi, vuoti, luci.
Lungo una ciminiera, la fiammata». Ma non è una scia di bellezza quella che
vede Daniela Spera: piuttosto la contraddizione insostenibile di una sorta di
divinità feroce, che dà lavoro e toglie vita. «Chi vive a Taranto è stanco di
sentir parlare di Ilva, crede che tanto mai nulla cambierà. Mezzo secolo fa la
fabbrica ha strappato la città di pescatori alla povertà assicurando lavoro e
benessere, e anche oggi la città di uomini pensa di non poter fare a meno della
città di acciaio. La diossina, il benzo(a)pirene e i metalli pesanti sono
nemici invisibili. La polvere di minerale che ricopre la città è normale. Tutto
diventa normale. La polvere si spazza via e i morti si seppelliscono. Si va
avanti. Si va sempre avanti. Chi non vive a Taranto non riesce a immaginare la
portata di quello che sta accadendo, il convivere con la morte, la scelta di
lavorare per non morire di fame, anche se si ha la consapevolezza che la fabbrica
sta lentamente uccidendo ogni famiglia. Qual è la verità?».
La
ricerca della verità trasformerà Daniela in un’ambientalista convinta, una
sorta di Erin Brockovich, che sale la sua personale via crucis incontrando
malati di tumore, parenti di morti di malattie crudeli, persone che, ancora
vive, sono ormai «fantasmi». Perché? Perché «Taranto è una parte di lei. Ecco
perché, senza sapere il motivo, ha deciso: Io la voglio salvare. Non per
altruismo, ma forse per salvare se stessa, per egoismo».
Come
precisa l’autrice, Veleno «è un romanzo, ma tutti i personaggi sono veri. Veri
sono i vivi e veri sono i morti. Vera è la battaglia che sta combattendo
Daniela Spera, per difendere la sua città». Tanto che le persone reali che
hanno ispirato i personaggi parlano in prima persona nella parte finale del
libro – Le voci di Taranto – che si chiude con Il diario degli avvenimenti, dal
1961, quando sono iniziati i lavori per la costruzione dell’Italsider agli
eventi tumultuosi degli scorsi mesi.
Un
romanzo che, da un inizio più narrativamente immaginato, entra sempre più nelle
pieghe, anche contraddittorie, della cronaca. Pieno di domande che non
attendono risposte dagli altri ma spingono ad una presa di coscienza capace di
tramutarsi in assunzione di responsabilità personale. Apertamente inquietante,
ma tutt’altro che disperato: nello stesso cognome della protagonista c’è il
convincimento che la lotta, per quanto faticosa e non immediatamente pagante,
sia sempre il segno positivo del cambiamento.
La prima presentazione ufficiale alla Feltrinelli di piazza dei Martiri, a Napoli, martedì 7 maggio alle 18.
Pubblicato
su Zoomsud
http://www.zoomsud.it/commenti/50858-lanticipazione-veleno-di-cristina-zagaria.html
Su Zoomsud sono stati recentemente pubblicati anche:
Roberto Saviano, la Calabria e l'educazione
alla felicità http://www.zoomsud.it/commenti/51501-roberto-saviano-la-calabria-e-leducazione-alla-felicita.html
La festa dei papaveri e del vento di
limpide albe
http://www.zoomsud.it/commenti/51396-la-festa-dei-papaveri-e-del-vento-quando-e-brezza-felice.html
Nessun commento:
Posta un commento