lunedì 19 novembre 2012

Il Natale che verrà. Forse

 
 
La coda alla posta. Il bollore dell’acqua per buttarci la pasta. La telefonata che rassicuri. Un ospite gradito. Un regalo per il compleanno. Il responso di un’analisi clinica. Due ore tutte per sé. Che passi la notte. Che torni l’estate.
 
Piccole attese individuali nel continuo dei giorni. In minuscolo, anche se qualcuna può davvero cambiare i giorni e una in maiuscolo, perché in ogni nuovo figlio, pegno dell’immortalità se non degli uomini dell’esistenza in sé, la vita sembra ogni volta ricominciare daccapo, nuova e felice
E attese collettive. Il lavoro, che chissà se e quando tornerà a vedere occupati tutti quelli che, per età e preparazione, dovrebbero creare ricchezza comune, materiale e immateriale. Il completamento di un’autostrada che hanno iniziato a costruire mezzo secolo fa – ci vorrebbe un Omero a cantarne, come fossero epiche, i decennali sperperi di tempo e denaro. Il 10 marzo del 2013 che, forse, ci vedrà tornare alle urne, con tutto ciò che ne consegue nella riorganizzazione dell’assetto politico del nostro paese.
 
Per secoli abbiamo, anche, conosciuto l’Avvento come un tempo dell’anima in cui il mondo intero si faceva coltre e silenzio per la prossima novità di un neonato senza casa e vestiti, riscaldato, in una fredda grotta, solo dall’umile fiato di un asino e di un bue.
 
Poi, anche il Natale è stato compromesso e deturpato dagli scambi consumistici camuffati da regali, dalle tavolate-abbuffate di falsa concordia familiare, dalle orrende volgarizzazioni di cinema, televisione e pubblicità, dalle luminarie stordenti e dagli addobbi pacchiani che, negandoli, non confortano solitudini e dolori.
 
Eppure, magari senza sapere più Chi si festeggiava, pure è rimasto un racchiudersi e, insieme, un dilatarsi del cuore nell’attesa del Natale come l’ammutolirsi stupito e incantato di fronte al mistero del nostro nascere e morire; della fatica che mettiamo per andare avanti; della nostra capacità di ricominciare, sempre e comunque; della giovinezza che incredibilmente il vecchio mondo ritrova a certe curve della storia; dei bagliori di gioia che ci zampillano dentro e ci fanno scegliere ancora, nonostante tutto, la vita. Dell’attesa d’una resurrezione nel mentre si attraversa la morte, il miracolo di costruire e organizzare speranza quando atroci dolori hanno falciato ogni ragione di sorriso. Esperienza semplicemente umana, che accomuna chi ha e chi non ha riferimenti di fede o, semplicemente, religiosi.
 
Questo, finora almeno, sembra essere un anno particolare. La crisi economica morde un po’ tutti. Nessuno, o quasi, pare attendere il Natale. Addirittura, nessuno sembra darsi la pena di fingere di attenderlo.
 
Ci saranno meno luminarie, meno acquisti, meno facce addobbate a inesistente amicizia. Del genere: non tutti i mali vengono per nuocere.
 
Ma anche sempre meno ragioni di Attendere come sinonimo di Sperare.
 
Al contrario dell’ottimismo – che può anche essere “facile”, un dono di natura, un certo sforzo di volontà per correggere l’umore nero, – la speranza è impegnativa. E’, sempre, assunzione di responsabilità: attendere a…; lavorare per…; piantare semi…; aggiungere mattoni…; prendersi cura di…
 
Sub specie religionis, certo. Non per nulla è una delle tre virtù teologali. Ma anche in campo personale e politico-sociale.
 
Domenica 18 novembre, con due settimane di anticipo sul resto dell’Italia, secondo la tradizione ambrosiana, nella diocesi di Milano inizia l’Avvento.
 
Chissà, forse dovremmo prenderne esempio. E darci qualche tempo in più per imparare ad Attendere.
In termini di fede religiosa, chi vuole. In termini civili, un po’ tutti.
 
Per esempio. Quanto bisogno avrebbe – ha – la Calabria di speranza, ovvero di serio, appassionato, lucido sforzo collettivo di ri-tessitura di possibilità di futuro? Di politica, quella alta, che qualcuno definì “la forma più alta della carità”?


Pubblicato su Zoomsud http://www.zoomsud.it/commenti/43209-ma-questanno-verra-natale.html
 
 
Nell'immagine, il presepe dell'Eremo di R.C., in cui la capanna  del Bambino richiama le capanne fatte d'estate sulla spiaggia

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