Quel sabato, don Giovanni tornava presto dalla campagna. Ordinava alla moglie che desse da mangiare e da bere all’asino e si sedeva all’ombra, nella rua, con i grandi tralci delle palme a terra intorno a lui (li aveva tagliati prima dell’alba, dalle grandi piante che crescevano, di fronte alle zimbe dei porci, insieme ai banani). E iniziava a intrecciare.
Non era un lavoro. Era un rito. Simile al segno di croce con cui, a gennaio, versava il sale all’ultimo sobbollire delle frittole. O a quello di donna Cilla, che, richiudendosi, diceva lievitata la pasta del pane. Una cerimonia semplice, essenziale, come il sacrificio di un re – contadino.
I rami più belli, con quel verde lieve che sfumava dal giallino primo raggio di sole fino ad un bianco luminoso, diventavano le palme – alcune, quasi ricami al telaio, pareva facessero sbocciare fiori da una croce – da portare, il giorno dopo, in chiesa, per la benedizione solenne che apriva una settimana la cui santità avrebbe intriso l’aria di grano giovane e di cudduraci.
I rami più piccoli e, magari, spezzati diventavano canestrini e altri piccoli oggetti per i bambini di casa che, lasciato ogni lavoro, gli si accrocchiavano, meravigliati di quello che usciva dalle sue grandi mani, abili, veloci e delicate. E se ne andavamo poi per le rue vicine, con i loro amuleti sacri, allegramente fieri di un nonno che faceva cose belle come nessuno, in tutto il circondario. E ignari che mai, essi stessi, avrebbero intrecciato palme.
Quel mondo – in cui l’alzarsi e l’andare a dormire erano dipesi dalle semine e dai raccolti, dal mungere le vacche e dall’insaccare il maiale, dallo sgusciare le mandorle e dal raccogliere le olive e la mai riposata fatica aveva trovato pause in processioni, riti e feste religiose – stava per finire.
Ma da qualche parte, in Calabria, per chi l’avesse saputo respirare, sarebbe rimasta la scia dell’abbraccio profumato della natura e del sacro: come protezione accogliente di socchiuse valve di conchiglia.
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Rimando su Zoomsud anche a http://www.zoomsud.it/commenti/30597-il-dibattito-donne-e-seta-in-calabria-le-signore-del-telaio.html
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