martedì 21 febbraio 2012

Insegnare a Nisida. Appunti di didattica sperimentata: 11. Yves Bonnefoy, un Poeta tra di noi

Yves Bonnefoy a Nisida. Accanto a lui la sua interprete, Valeria Cacace

 

“Non posso decidere di scrivere una poesia su Nisida ma spero che le parole per farlo vengano presto a bussare alla mia porta”. Così, il 26 ottobre 2011, Yves Bonnefoy, nel corso di un incontro organizzato a Nisida dal Premio Napoli, cui hanno, tra gli altri, partecipato il suo presidente, Silvio Perrella, che ha donato alcuni libri alla biblioteca dell’istituto come base di una sezione di poesia, la poetessa Maria Grazia Calandrone e Fabio Scotto, traduttore del grande poeta francese e curatore del corposo Meridiano dedicatogli da Mondadori.

Un incontro cui ci siamo preparati, a scuola con un lungo e appassionato lavoro sul senso e il valore della poesia; con la lettura di alcuni versi della Calandrone e di numerose poesie di Bonnefoy; preparando per lui le domande da cui partire per un dibattito – “Quando ha cominciato a scrivere? Perché lo fa? E’ contento di essere diventato famoso? Perché ha tradotto Leopardi in francese?” – che è stato particolarmente interessante e coinvolgente; e scegliendo anche, tra i tanti versi scritti in questi anni a Nisida quelli da leggere in tale circostanza.

La poesia – sia come “lettura di” che come “scrittura di”, oltre che come “incontro con” (da ricordare, in particolare, i tanti momenti passati con la poetessa Angela Procaccini) – è uno dei percorsi costantemente seguiti a Nisida. Lo testimonia, tra l’altro, un numero speciale di Nisida News dell’aprile 2006 che raccoglie alcune delle poesie scritte dai ragazzi tra il 1986 e il 2006 e che porta il significativo titolo di La scoperta dei sentimenti. E lo confermano le poesie di particolare forza espressiva scritte nel corso del complessivo svolgimento del progetto Nisida come parco letterario.

Capelli bianchi e occhi vivaci colmi di sapienza che sembrano guardare più al futuro che al passato; signorile e discreto, vigile e curioso di tutto, Bonnefoy ha parlato ai ragazzi in cerchio con lo stesso tono con cui, il giorno seguente, ha parlato all’Università: concetti profondi, espressi con grande chiarezza, parole che conoscono trasparenza, peso e valore. Ha preso sul serio le domande dei ragazzi e dato risposte prive di ammiccamenti e compiacimenti, ma piene di attenzione e rispetto, di lucidità e logica e, soprattutto, della lunga consuetudine a cercare i termini che meglio definiscano concetti ed emozioni, esperienze ed idee. Ha detto che la poesia è “apprendistato della vita”; che lui ha iniziato a scrivere molto presto, non appena ha iniziato a leggere, perché le parole consentono di superare i limiti in cui siamo ristretti: “Ho cominciato a scrivere perché mi sentivo chiuso in rappresentazioni troppo strette mentre le parole mi danno la possibilità di andare oltre”. Che la poesia non nasce da un’idea, ma sono le parole che si fanno strada fino a trovare espressione; che la poesia è la critica delle passioni false e la salvaguardia del sentimento altro: “Esistono due grandi passioni: la libertà e la chiave per poterla descrivere, ossia lo studio”. Ha spiegato come Leopardi abbia colto la difficoltà del rapporto tra uomini e la natura, traendo da lì l’idea del riconoscersi tra uomini – “Il suo pensiero sulla poesia somiglia molto al mio: la natura resta estranea ai nostri progetti e solo attraverso le parole può essere compreso il vero senso della vita, gli uomini hanno bisogno di riconoscersi negli altri” – e raccontato che Napoli è città “una città straordinaria, perché fa emergere dappertutto l’inconscio”.

Ha ascoltato con particolare interesse la lettura dei versi dei ragazzi, tra cui questi:

La mia ombra

Un giardino ricoperto di
erba se lo guardo pensando
cercherò di sfogarmi nel pensiero
davanti a questo ignoto
giardino si ascolta una favola
raccontata da un giovane
che si trova tra due sbarre
fantasmi a passeggio chi è
seduto sopra ad un muro
chi se ne sta a giocare
chi bisticcia e qualcuno
che pensa. Io lo guardo
e mi somiglia è uguale
come una goccia d’acqua
che stupido ma è la mia
ombra beata lei ma che
starà pensando a sua madre
tanto malata o alla libertà
che gli è stata tolta ma
ora si alza va a bere per
levarsi quell’amaro che gli
da il pensiero. Ma non serve
ovviamente devi sfogarti se no
cadrai malato di pensieri
ma mettiti a giocare e
non stare a pensare.
Mi raggiunge e mi dice
non so cosa mi hai detto
sono il tuo pensiero la
tua ombra. Ma perché
tu giovane quando sei
lì seduto che fai giochi
pensi io sono il tuo fantasma
e ripeto quello che fai
tu tutta la giornata
se giochi gioco se ridi rido
se piangi piango e se pensi
penso. Io sono un fantasma
tu sei un giovane e
diamoci all’oasi di pensare
un nuovo domani.
Ernesto

Qui

Solitudine
lo stare solo a volte mi angoscia
mi fa sentire come un fiore solo
solo nel bel mezzo di vasti prati.
Il dolore che attanaglia il mio cuore
è forte
quello di un momento di riposo
per indossare le vesti più
assillanti
più assillanti perché sostituisce
il momento del riposo con quello
dei sensi di colpa,
con quello dei perché:
ti chiedi tante cose ma
non riesci a darti una risposta.
E vorrei riuscire a
voltar pagina.
Ma dopo questa prigione
mi aspetta un’altra prigione
un posto dove il sole è più freddo
del letto che  mi ospita ora.
Ma quando ogni speranza
si annienta
voglio attendere
e continuare a
SPERARE.
Antonio F.


L’uomo re

Vita trasmettimi il tuo senso,
grida forte vento la tua rabbia
oggi che la pioggia picchia sulla terra
ora che il dolore supera la felicità
e l’uomo pensa di essere il Re
ricordagli che è il Re dell’impotenza.

Vivi vita, vivi e fammi vivere
adesso che ho fatto un accordo con i miei limiti
ora che riconosco l’affanno del mio cuore
ora che l’impossibile diventa possibile e le possibilità infinite
la mia anima grida in silenzio il dolore dell’assenza di gioia,
la mia mente vola in cerca di distrazione.
Oh, vita, vivi e fammi vivere ora che la mia vita non vive.
Gaspare

Vorrei gridare forte il mio dolore

con la speranza di un aiuto,
vorrei capire il senso della mia sofferenza
ma il mio sforzo è inutile.
Apro gli occhi, guardo l’uomo
cerca sempre di credere che c’è qualcuno sopra di lui,
li richiudo e vedo il silenzio del mio cuore,
sono circondato da dolore e pensieri
vorrei rompere una volta per sempre la prigione dei sentimenti,
le sbarre sono dure e resistenti,
ed io mi sento più debole di prima.
Ah, perché è così dura la separazione
vorrei farla finita, ma la mia voglia di vivere è più forte.
Vola la mia mente indossando i miei sogni
sogno una vita d’amore.
Gaspare

“Sono molto felice di ascoltare i vostri versi – è stato il commento di Bonnefoy – e questo mi dà fiducia nella poesia, uno strumento formidabile per trasgredire le espressioni ordinarie e riflettere sulle cose importanti”.

Prendendo spunto da quest’incontro, la Calandrone ha scritto, sul suo blog, parole forti: “Napoli si apre tutta per festeggiarci e farci vivere il suo premio. Questa città non fa ‘letteratura’: prende i poeti e li spinge in luoghi come Nisida, li trascina all'opera, di fronte ai suoi bisogni, che sono i nostri (con tutta la modestia di questo noi), spiega sotto il nostro naso mappe e lezioni di compostaggio, apre porte che dividono zone limitrofe ma inavvicinabili della città, fa un uso pratico del corpo poetico e della poesia che non può che gratificare chi la scrive. So che lei intende la poesia non come mera estasi estetica ma come salutare sprone all'azione. Questa è la città del bivio per eccellenza, della vita e del suo rovescio mortale, della scissione topografica: dietro i cavalli monumentali e i colonnati di Piazza Plebiscito sta lo sciorinamento intimo e selvaggio dei quartieri spagnoli. Il portato ontologico della poesia può arrivare a calmare l'inquietudine di un bivio – anche politico – tanto profondo?”
A Nisida, la consapevolezza forte dei ragazzi d’aver incontrato un poeta “vero” ha prodotto uno stupore ben espresso da Roberto: “La poesia è importante perché dice ‘nu cofano ‘e cose dint ‘na sola parola”.




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