domenica 1 settembre 2019

Il pane di Canolo






A Bova, alla fine dell’incontro E Berta filava, Marinella Stilo, coordinatrice dei forni sociali di Canolo, ha offerto a tutte le partecipanti, una pagnotta di pane di iermanu (segale; a Pellaro si dice: iurmanu).
 
Per me un’emozione doppia perché, pochi giorni prima, avevo voluto omaggiare autori e intervistatori del Pellaro Libri Estate 2019 con pane prodotto con grani della nostra terra (Ammiro molto chi ha ricominciato a lavorare il grano dalle nostre parti, sia i contadini che seminano e trebbiano sia i fornai che lo portano sulla nostra tavola). 

L’ho portato a casa, il pane di Canolo, e, in famiglia, ne abbiamo gustato, con gratitudine, sapore e profumo. 


In realtà l’emozione è (stata) tripla. Qualche anno fa, ho dedicato un intero anno scolastico al pane, sboccato nella pubblicazione di Parole come Pane- La Sintassi di Nisida e l’occasione per me di leggere decine di splendidi libri (ne cito solo uno: Pane nostro di Predrag Matvejevic).



Pane e parole sono realtà essenziali per nutrire corpo e mente. E simboli fortissimi per un’umanità che volesse condividere, moltiplicandolo, il bello e il buono della vita.

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