martedì 10 settembre 2019

Microstorie: Gli assenti






Una portiera di macchina chiusa. Poi, un’altra. Stanotte – non mi capita mai – mi sono già svegliato due volte. Sarà che, questo, non è il mio letto e che, accanto a me, dormono Luca e Giuseppe. Luca è il figlio di zio Paolo e zia Maria, che vivono a Milano, e Giuseppe è uno dei figli di zia Lucia e zio Diego che vivono a Roma. Zio Paolo è arrivato ieri con loro due – scendendo in macchina, si è fermato a prendere Giuseppe – gli altri arriveranno per Ferragosto.

D’estate, casa di nonna Margherita diventa un albergo, gente che viene, gente che va. Questa settimana, che mia madre è occupata con un convegno (mia madre è sorella di zio Paolo e di zia Lucia), ci resto a dormire anch’io. 

Luca e Giuseppe continuano a dormire, forse farei meglio a girarmi dall’altra parte e ritrovare il sonno. Ma il piccolo tonfo delle portiere mi ha squietato. Ho avvertito anche dei passi, leggeri, che sembravano avvicinarsi. Qui, di rumori, ce ne sono molti: la strada, la ferrovia, gli aerei, per quanto pochi, sulla nostra testa: nessuno ci fa caso. Eppure, non mi sento tranquillo.

La camera-ripostiglio accanto alla nostra ha una finestra lasciata socchiusa. Mi alzo e, senza accendere la luce, vado a mettermi dietro le imposte, scansando le cassette di pomodori, melenzane e peperoni che stanno per terra. Al di là della rua, sotto la casa dei nostri vicini, ci sono quattro poliziotti. Intimano di aprire. Il nostro vicino appare sulla soglia in pantaloncini corti e canottiera. Entrano. Io rimango fermo, senza respirare, per un tempo lunghissimo. Poi, escono in fila: prima due poliziotti con in mezzo il nostro vicino, poi gli altri due poliziotti, ciascuno con in mano un grosso sacco: documenti, penso.

Mi si alzano i peli sulle braccia e sudo freddo. Vorrei svegliare mia nonna, telefonare a mia madre. Il display del cellulare segna le 4.20. Devo provare a resistere per qualche ora. Mi riaddormento alle sei, alle sette sono in piedi.

Mia nonna sta parlottando con Caterina, sua sorella, che abita al di là del torrente, ed è venuta a portare una cesta di fichi d’india e una borsata di fiorilli. È agitata. Da quando si è alzata, ha visto strani movimenti nella casa accanto, troppi parenti arrivati troppo presto. Pensa ad un guaio, una morte inattesa, un malore improvviso. Racconto. Non si stupiscono. Come non s’era stupite, qualche anno fa, quando hanno arrestato un altro vicino. E neppure un mese fa quando c’è stata una lunga perquisizione in alcuni capannoni, con polizia e carabinieri e due grossi cani che hanno fiutato droga in un tombino.

Penso che siamo circondati da assenti.

Entra zio Paolo. La nonna lo informa: «Finalmente. – sbotta – So’ trent’anni che lo dico, che questi non la contano giusta.» «Com’è possibile che tu lo sai da tanto tempo e la giustizia lo scopre adesso?», sorride zio Paolo, ma senza allegria. Nonna alza le spalle. «S’avi piccati, mi ‘i ciangi (Se ha colpe, che le pianga). Ma per ‘sto disgraziato mi dispiace.», dice zia Caterina. Nonna annuisce: «Meno male che non mi sono accorta di niente. A vederlo tra due poliziotti mi sarei sentita male.»

Sono passate le otto. Luca e Giuseppe s’affacciano in cucina. Nonna mette a bollire il latte e tira fuori una crostata di marmellata e una torta al cioccolato: «Mangiate, che il mare vi aspetta. E non tornate tardi. All’una si mangia.»

Ogni riferimento a persone o fatti realmente accaduti è da considerarsi puramente casuale

Nessun commento:

Posta un commento