Premessa. Farei volentieri a meno di
occuparmi dello spostamento sì o no dei Bronzi. Ma, nelle attuali discussioni
sulla loro (eventuale) gita a Milano, c’è una scia di bruciato, acre e
fastidiosa, su cui non è il caso di far finta di niente.
Dunque:
A chi appartiene un’opera d’arte? A tutti coloro che la sanno apprezzare.
Ovvero,
i Bronzi – come il Giudizio universale della Cappella Sistina, la Nike di Samotracia
e l’urlo di Munck – sono patrimonio (potenzialmente) di tutta l’umanità. E il
caso, il destino, la provvidenza o chi volete voi li hanno affidati ad un
angolo di Calabria affinché se ne prendesse cura in maniera che tutti ne
possano godere.
Si
possono spostare i Bronzi? Chi può dirlo, se non degli specialisti in materia? A
giudicare da quello che decine di esperti hanno sostenuto in questi anni, parrebbe
decisamente di no: l’apparenza florida nasconde microfratture che lo
sconsigliano caldamente.
Mettiamo
che abbiano detto fesserie e che, invece, i Bronzi siano spostabili.
A
chi gioverebbe il loro spostamento?
Ai
visitatori dell’Expo? Forse.
Alla
Calabria e all’Italia, sic stantibus
rebus, direi di no.
Alla
Calabria perché sembrerebbe certificare che la regione è troppo lontana (e non solo metaforicamente) da
essere, oltre che irraggiungibile, anche
irrecuperabile (alla civiltà, alla
modernità)
All’Italia,
che dovrebbe conservare e valorizzare, con cura e attenzione costante e
intelligente, l’enorme ricchezza culturale e artistica che il passato le ha
lasciato e che, evidentemente, non lo fa: visto che ha bisogno di trasferire da
una parte all’altra del paese opere che, se ne creassero le condizioni,
sarebbero raggiungibili (da Milano) in un’oretta e mezzo d’aereo (vedendo anche
il resto, eccezionale, del Museo, ove mai fosse tutto aperto).
Sui
Bronzi, questo il mio intervento di oggi su Zoomsud
http://www.zoomsud.it/index.php/commenti/71895-sogno-o-incubo-di-una-notte-di-mezza-estate.html:
Alla
prima (nuova) uscita del signor S., il signor X., (se-dicente) critico d’arte
di valore interplanetario alzò le sopracciglia. Alla terza, sbuffò. Alla
quinta, esplose: “Basta. Non se ne può più” e convocò i giornalisti amici.
Rosso in volto e sudato per la rabbia, gridò: “E’ una vergogna. Perché solo i
Bronzi devono andare all’Expo? E la Primavera di Botticelli, il Davide di
Michelangelo, la Maddalena del Caravaggio devono restare a casa? E gli
affreschi di Giotto?” Il (giovane e inesperto) cronista che osò osservare:
“Vabbé per i quadri, ma gli affreschi?” ebbe la risposta che meritava: “Idiota,
ignorante… che ci vuole a staccare quel che basta delle pareti della Basilica
di Assisi e portarle a Milano?”.
Per
non far torto a nessuno, dal ministero immantinente partì la convocazione per
tante commissioni (una per opera) di (se-dicenti) esperti mondiali. Tutti,
memori del verso dantesco (il ….bel paese
là dove ’l sì suona) si affrettarono ad avallare.
Così
– mentre alcuni esaltavano la nuova spinta propulsiva dell’ingegno italico e ad
altri le vene e i polsi s’ammalavano di ulcere e infarti – mezzo paese cominciò
ad essere occupato nell’impacchettamento della Venere del Tiziano, del Cristo
Velato di Sanmartino, del Federico da Montefeltro di Piero della Francesca.
Tir, aerei, treni pieni di quadri, statue, scatole con polvere di affreschi
cominciarono a risalire la penisola, con (ovvio) accompagnamento di
(eccezionali) misure di sicurezza. Il resto del paese (quello non occupato in
tali trasporti) fu costretto all’immobilità, per assoluta impossibilità di
percorrere una strada o di prendere un treno o un aereo.
Ma
non era finita. Perché il signor Y., anch’egli (se-dicente) critico d’arte di
valore stellare convocò una conferenza stampa e urlò che in l’Italia bisognava smetterla con le disparità: i
monumenti non potevano essere considerati inferiori alle statue e ai quadri.
Ergo: Pompei e il Colosseo, come anche le chiese di Noto e i sassi di Matera,
dovevano essere smontati e trasferiti, per immediata ricostruzione, a Milano.
Qualche
funzionario osò rilevare che era davvero troppo. Ma il ministro fu
irremovibile. E, subito, venne insediata l’apposita commissione…
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