Quanti pomeriggi d’estate ho passato
facendo confetture, composte e gelatine, tutte definite “marmellate”?
(Fu quasi uno choc, scoprire, da adulta, che con le albicocche o le
ciliegie non si fa una marmellata)
C’era tanta frutta, succosa, profumata, colorata, ed era ovvio conservarla sotto vetro.
Quand’ero più ragazza in barattoli
riciclati, ancora un pezzo d’etichetta refrattaria all’acqua bollente
appiccicata sopra e coperchi raccogliticci, (tutto rigorosamente
sterilizzato) poi in quelli comprati ad hoc, magari abbelliti da copri
vasetti di stoffa o ricamati o all’uncinetto.
Mi piaceva stare per ore a rigirare
quelle poltiglie zuccherose, farle cuocere piano, a lungo, ma non un
minuto in più del necessario, perché il profumo non si volatizzasse e il
colore restasse ambrato.
Come mi piaceva vedere, poi, i vasetti
ben allineati, e regalarli (e averne in regalo) e utilizzarli per fare
crostate (e dolcetti vari) dall’autunno alla primavera successivi.
Quest’anno, la frutta è scarsa di
quantità, mediamente insufficiente per qualità e sempre più ha
provenienze davvero lontane (al supermercato, attualmente, si trovano
pere argentine e arance sudafricane). Già portarla in tavola, così poco
profumata, così poco bella, non dà allegria – di marmellate (e composte e confetture e gelatine), per la prima volta, non è il caso di farne.
Il Sud a rischio di desertificazione
industriale e umana (certificato recentemente dallo Svimez) complice
anche un clima impazzito (per generali colpe mondiali) non produce più
neppure quel po’ di dolce bellezza da mettere in dispensa.
Pubblicato su Zoomsud:
La penuria di frutti sugli alberi (che non si limiterà all'estate, visto che di agrumi se ne vedono ben pochi) è uno dei problemi dell'estate pellarese 2014. Un altro è la spazzatura che riempie le strade tra San Leo e Pellaro, un obbrobrio, che ammorba un'aria che sapeva di gelsomini, bergamotti, mele cotogne.
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