Il
Vangelo di oggi parla del mare agitato dal vento contrario, in cui Pietro (come
gli altri discepoli) teme di affondare e chiede al Signore: “Salvami”.
Il
mare vero può fare paura. Molti calabresi ce l’hanno ancora nel sangue una
certa diffidenza del mare (da cui sono venuti invasori e maremoti) e, pur
apprezzando Jonio e Tirreno, restano, in fondo, terranei.
E
ancora peggio, per ciascuno, può essere il mare simbolico, le acque selvagge
del dolore e della morte che tagliano il cuore e sospendono la mente in un
silenzio assordante.
Per
salvarsi bisogna accettare l’aiuto d’un braccio amico. E lasciarsi scavare dal
silenzio profondo. Quello che, nella lacerazione dell’assurdo, consente di
ascoltare la voce amata e, magari, col tempo, fa anche vagamente cogliere che i
brutti fili aggrovigliati del rovescio disegnano
una trama di senso sul dritto.
L’alba,
stamattina, è d’acquarello. La conca di Occhio è un respiro fresco, con le
montagne rosa sul mare lievemente azzurro e l’Etna quasi nascosta da un impalpabile
velo perlaceo.
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